Il Brigantaggio

   

Il Brigantaggio durante l'occupazione del Regno

(1806 - 1815)

 

   Nel 1806 Napoleone Bonaparte, decise di liquidare il regno borbonico. Il corpo di spedizione francese, al comando del generale Massena, varcò i confini dello stato e occupò Napoli. I borbonici cercarono di fermarne l’avanzata, ma, nella battaglia di Campotenese, furono inesorabilmente sconfitti e gli invasori ebbero via libera anche per l’occupazione della Calabria.

 I sudditi fedeli al re Ferdinando IV°, terzo genito di Carlo III° re di Spagna, organizzarono una feroce reazione antifrancese affidata alla capacità di lotta ed alla ferocia di alcuni celebri briganti, molti dei quali, già al seguito del cardinale Ruffo nell’armata sanfedista, avevano consentito, nel 1799, la restaurazione borbonica.

La zona di Caccuri divenne quindi teatro delle gesta di Fra Diavolo, il famoso colonnello Michele Pezza, già monaco del convento di San Giovanni in Fiore che finirà per essere sconfitto e, catturato dal generale Hugo e giustiziato nello stesso anno. La figura di Fra Diavolo venne celebrata da Auber nella omonima opera lirica e riproposta in uno spassoso film di Stan Laurer ed Oliver Hardy. Nei dintorni di Caccuri operarono anche  Nicola Gualtieri, detto Panedigrano, Giacomo Pisano da Pedace, più noto col soprannome di Francatrippa, Paolo Mancuso detto Parafante, Filicione e Geniale Versace da Bagnara, detto Gernialtitz. 

 

 


        Campagne caccuresi teatro di scorribande dei briganti

Proprio quest’ultimo, nell’agosto del 1806, mentre col grado di colonnello scorrazzava nella Sila con le sue orde, fu sorpreso ed ucciso dall’esercito francese. Della sua fine si vantò il capitano della I^ compagnia scelta della Calabria Michele Vigna che, per ricompensa, ottenne due fondi di 68 moggia (circa 5,5 ha) nel territorio di Caccuri e che poi gli vennero tolti da Francesco IV° con un decreto del 14 agosto 1815, in piena Restaurazione. Intanto nello stesso mese di agosto, il giorno 30, i Francesi entrano in San Giovanni in Fiore, mentre Caccuri è da tempo teatro di rivolte fomentate da Francatrippa e dai Pedacesi. Qualche tempo prima, infatti, nella nostra cittadina, venne innalzato lo stemma della rivolta e proclamato un governo provvisorio.  La notizia è contenuta in un rapporto dell’intendente della Calabria Citra Vincenzo Palombo al generale Miot.  Le resistenza di Francatrippa e delle sue bande si protrasse per quasi un anno, ma non sortì grossi risultati. Nel gennaio del 1807 lo troviamo attestato sulle alture di Gimmella, un monte tra Caccuri e San Giovanni in Fiore, alla testa di 2000 uomini, nel tentativo di espugnare la cittadina florense presidiata dall’esercito francese al comando del colonnello Lambert.  L’8 marzo del 1809 venne catturato in località Bardaro dell’agro di Cerenzia il brigante Domenico Fabiano  che, condotto a Caccuri, fu immediatamente fucilato in località Petraro.

La resistenza antifrancese fu lunga, accanita e feroce, ma alla fine gli invasori riuscirono, con altrettanta ferocia, ad avere ragione dei “briganti.” Uno degli ultimi fatti di sangue che si verificò a Caccuri in quel periodo fu l’agguato al capitano Pier Maria Scigliano di San Giovanni in Fiore, punito, evidentemente, per i suoi trascorsi al servizio dei Francesi e per aver arrestato o ucciso numerosi briganti. Il capitano Scigliano fu assassinato la mattina del 18 ottobre del 1812 in località Cimitella, nei pressi del vecchio ponte delle Monache, mentre si recava a Bordò per eseguire alcuni lavori nella vigna del generale Manhès.


                         
                   Ponte delle Monache                                                           Campagne di Bordò
(Sullo sfondo è visibile il vecchio ponticello)                  


Poi gli atti criminosi cessarono e, di lì a poco, con la sconfitta definitiva  di Napoleone, Ferdinando IV° tornò sul trono di Napoli.

 

Il brigantaggio dal 1815 al 1861

 

Dopo un breve periodo di relativa calma che coincise con il ritorno sul trono di Napoli dei Borboni, il brigantaggio, divenuto oramai un male endemico,  riesplose  più forte che mai nelle nostre contrade. Per la verità gli episodi criminali non erano mai del tutto cessati e bande di taglia gole continuavano a scorrazzare per la zona devastando e saccheggiando anche subito dopo il 1815, ma fu dopo il 1820 che il “brigantaggio politico”, come insofferenza al regime borbonico, prese di nuovo ad intrecciarsi con le ordinarie vicende di criminalità comune.

 
  

Casolari nella campagna caccurese

 

La notte del 18 febbraio del 1827 Giuseppe Meluso, detto il Nivaro, assieme ad altri suoi compagni, ingaggiò un conflitto a fuoco con la Guardia urbana di Caccuri. A circa un anno di distanza, il 6 luglio del 1826, assieme al compaesano Ignazio Foglia e a Tommaso Grande di Casino (l’attuale Castelsilano) attaccò la Guardia urbana di quest’ultimo paesino. Il processo per questi fatti si celebrò il 5 dicembre del 1834 e si chiuse con la condanna del Meluso che, però, riuscì a rifugiarsi a Corfù dove si nascose facendosi chiamare Battistino Belcastro. Da lì tornerà in Calabria al seguito dei Bandiera e riuscirà a sfuggire anche all’agguato della Stragola.

Nel 1842 la Guardia urbana di Cerenzia, coadiuvata dai guardiani del barone Barracco, sgominò la banda del brigante Panazzo di Casabona che, da anni, imperversava nella zona ed aveva come base operativa una piccola valle in territorio di Caccuri che, ancora oggi, porta il suo nome.

Il 1844 fu l’anno della spedizione dei Bandiera alla quale il Meluso era stato aggregato per la perfetta conoscenza dei luoghi.

Nel 1847 si celebrò il processo contro il caccurese Francesco Saverio Segreto che, insieme ad un gruppo di altri briganti, aveva tentato di assassinare il gendarme reale Bartolomeo Bucchianico e la guardia urbana caccurese Vincenzo Cosenza nel corso di un agguato teso loro in località Tenimento.

L’anno dopo vennero catturati tre noti briganti caccuresi: Vincenzo Miliè, Filippo Pellegrini e Andrea Lacaria.

Qualche anno dopo si realizzò l’Unità d’Italia ed il brigantaggio politico cambiò ancora una volta bersaglio

 

                                                                           Il brigantaggio post unitario

      Il primo episodio di reazione al nuovo ordine costituito  e al nuovo re d’Italia si verificò nei primi giorni di luglio del 1861 quando orde di briganti percorsero "impunemente, a mano armata, gridando “Viva Francesco II”, con la bandiera bianca alzata”, come scrive in una lettera l’Intendente di Crotone  al Governatore della Provincia di Calabria Ultra II° il territorio caccurese.  Nella notte tra il 6 ed il 7 dello stesso mese, i rivoltosi inalberarono una bandiera bianca borbonica sul campanile della Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie.

   
 Caccuri – centro storico e chiesa di S. Maria delle Grazie

   In paese accorse immediatamente la Guardia Nazionale di San Giovanni in Fiore e, subito dopo,  una colonna mobile dell’Armata italiana. Intanto insorsero anche Savelli, e Cotronei e la rivolta si estese a tutto il Marchesato. La rivolta caccurese, comunque, quantunque domata, continuava a preoccupare il comandante del distaccamento Magni  inviato in paese, tanto che lo stesso, il giorno 10, richiese l’intervento della squadriglia della Guardia Nazionale mobilizzata di San Giovanni in Fiore. Il giorno dopo il tenente Magni si recò ad Altilia ed i briganti, nella notte, attaccarono Caccuri, ma vennero respinti.  La colonna dell’esercito italiano rimase a Caccuri per molto tempo e da qui mosse spesso contro le orde di briganti che attaccavano ripetutamente la vicina Cotronei dove il 14 agosto la popolazione, unita ai rivoltosi, respinse più volte i soldati che tentavano di penetrarvi per ristabilire l’ordine.  Intanto il 15 agosto il generale Cialdini emanò la norme che concedevano benefici ai briganti che si presentavano spontaneamente, ma già il 3 dello stesso mese tre briganti reazionari caccuresi, Rocco e Vincenzo Gabriele Perri e Vincenzo Mancuso, si erano presentati  al sindaco per usufruire dell’amnistia del generale Della Chiesa.

    Il pericolo corso dal paese e la necessità di garantire in futuro l’ordine pubblico, portò alla costituzione, anche a Caccuri, del ruolo permanente della Guardia Nazionale mobilizzata in base alla legge del 4 agosto 1861.  Vennero così arruolate 8 guardie caccuresi di età compresa tra i 22 e i 31 anni. Essi erano: Domenico Falbo, Achille Gigliotti, Giovanni Ruggero, Santo Aiello, Giuseppe Falbo,  Gaetano Marino, Ferdinando Belcastro e Luigi Allevato.

    L’esercito rimase a Caccuri per molti mesi, poi, pian piano, le rivolte furono sedate e l’opposizione al nuovo governo passò dalla lotta armata ai mugugni ed alle critiche. L’ultimo episodio di cui si ha notizia è il processo intentato ad Angelo Segreto detto Panicauro (Pan caldo) di 53 anni, mulattiere, accusato di “pubblico discorso col reo fine di eccitare il disprezzo ed il malcontento contro il governo” e condannato dalla Pretura di Savelli il 6 settembre del 1865.

La leggenda di Pintisciolle

 

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