Tommaso Secreto, detto Pintisciolle, macellaio, nacque a Caccuri il 13
marzo del 1838 da Giuseppe e da Costanza Gigliotti. Sposò poi Filomena
Barolo. La figlia, Matilde andò in sposa a Filippo Prete, calzolaio nato nel 1844
e morto il 6 aprile del 1940, padre di Tommaso e Serafina (‘A Fabia).
Pintisciolle
è ritenuto dalla tradizione popolare il giustiziere del brigante
Zirricu che lo stesso Secreto avrebbe addirittura decapitato. Fino
a qualche decennio fa non era infrequente imbattersi in qualche nostro
anziano concittadino che raccontava, con evidente enfasi, le cruente
scene dell'uccisione nel sonno di Giovanni Cosco, il povero brigante
sangiovannese detto Zirrica dai suoi compaesani e Zirricu dai
caccuresi, da parte del compare Pintisciolle del quale il fuorilegge si
fidava ciecamente, la sua decapitazione eseguita con la maestria che
solo un macellaio poteva possedere e di come la testa, conficcata su di
un palo appuntito, venne trasportata da Eido, luogo dell'uccisione, per
i viottoli di Sambuco e Conserva fino a Caccuri dove fu esposta
sul muro del giardino di casa di don Domenico Ambrosio all'inizio di via
Buonasera a monito degli aspiranti briganti e dei loro possibili
manutengoli. In
realtà Zirricu mori a Eido il 10 ottobre del 1868 nel corso di un
conflitto a fuoco con i carabinieri e nei documenti relativi alla sua
morte, custoditi presso l'Archivio di Stato di Catanzaro, a
cominciare dal rapporto dei carabinieri, generalmente molto più
equilibrati e tolleranti dei soldati nella repressione di quel grande
moto di popolo, di quel generoso tentativo di rivolta politica e sociale
marchiato come brigantaggio, non vi è alcun cenno a una decapitazione
post mortem, né a un qualche possibile ruolo del Pintisciolle nella
vicenda. Probabilmente fu solo uno dei tanti delatori del tempo che
magari, enfatizzando il suo apporto, sperava in qualche speciale
ricompensa.
Tommaso
Secreto fu
testimone anche nel processo intentato contro Angelo Serafino Secreto accusato
di aver tenuto un pubblico discorso contro il re Vittorio Emanuele II,
reato per il quale fu assolto.
Anche questa del processo al mulattiere caccurese è una vicenda
vergognosa frutto della cattiva abitudine dei caccuresi alla
delazione.
Non
ho mai capito da cosa nascesse l'enfatizzazione delle gesta del
povero Zirricu (e di riflesso di quelle del Pintisciolle),
descritto dal popolino come un uomo di una ferocia ed di una crudeltà
inaudita, assassino imprendibile, rubacuori, sciupafemmine. In
realtà, Giovanni Cosco era uno dei tanti poveracci che aveva patito la
fame sotto i Borbone e che sarebbe morto sicuramente di fame sotto i
Savoia per cui alla morte per fame preferì quella per piombo. Non
potendo saziarsi di pane si saziò di piombo. Per capire quanto
fosse feroce, spietato, imprendibile e sciupafemmine basti pensare che,
a parte qualche grassazione, l'episodio più violento che lo vide
protagonista assieme agli altri briganti della banda Gallo della quale
il Cosco era solo un gregario, fu il sequestro di un giovane di
Catelsilano che sgusciò loro di mano dopo qualche ora e contro il quale
l'intera banda espose diversi colpi di fucile senza colpirlo e che il
brigante che avrebbe fatto strage di cuori era, in realtà, vittima egli stesso di infedeltà
coniugale.
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