Quando fanciulli di terza elementare ci affacciavamo con
entusiasmo o, molto spesso, obtorto collo alla grande "finestra del
sapere", sotto la guida dei grandi maestri elementari del tempo,
eravamo affascinati dalla figura di un leggendario eroe romano
del VI secolo avanti Cristo: Orazio Coclite. Orazio, orbo di un occhio,
valente soldato, combatté da solo un'epica battaglia contro gli
Etruschi del re Porsenna impedendo loro di attraversare il ponte
Sublicio e dilagare su Roma. Mentre il valoroso miles pugnava
audacemente facendo strage di nemici, i compagni, alle sue spalle,
abbattevano il ponte in legno, unico accesso alla "Città
eterna" e quando il ponte crollò nelle acque del biondo Tevere,
Orazio, stremato, si gettò nel fiume, lo attraversò a nuoto e
raggiunse la sponda romana.
Qualcosa di simile fecero due valorosi
soldati caccuresi, l'uno, Antonio
Rizzo, all'epoca
maggiore dell'esercito, nel 1818, nelle trincee delle Frasche, sul
Carso, l'altro, il soldato
Maurizio Sgro, al passo di
Sesis,
tra
l'11 e il 14 giugno del 1915.
Si era nelle prime settimane
dall'inizio della Grande guerra. Il 24 maggio la fanteria italiana aveva
oltrepassato gli antichi confini tra l'Impero Asburgico e l'Italia,
penetrando all'interno del Trentino e del Friuli. Colti di sorpresa gli
Austriaci, fu occupato gran parte del territorio di queste due regioni,
ma era chiaro che il nemico avrebbe sferrato presto una controffensiva
per riconquistare il terreno perduto per cui si pose il problema di
consolidare le posizioni conquistate mediante lo scavo di trincee. Tale
faticoso lavoro fu compiuto sotto un martellante, nutrito fuoco nemico.
Maurizio Sgro era allora un giovane
bersagliere caccurese mandato, come centinaia di migliaia di altri
commilitoni, al macello in una guerra spaventosa e assurda, una
guerra tra le più sporche che il genere umano avesse fin allora
combattuto. Quella mattina dell'11 giugno, assieme ad altri pochi
compagni, gli affidarono il compito di tenere a bada il nemico, mentre i
compagni, alle loro spalle, scavavano alacremente una lunga trincea. Il
soldato, fedele alla consegna, combatté alacremente per una intera
giornata, esponendosi al fuoco dei cecchini austriaci rischiando
ripetutamente la vita fino a quando, a sera, cadde colpito da una
fucilata rimanendo gravemente ferito. Soccorso prontamente dai compagni,
riuscì a raggiungere la retroguardia, fu ricoverato in ospedale e, dopo
le opportune cure, fu rimandato a casa. Per il coraggio mostrato e per
lo zelo con il quale assolvette il compito che gli era stato
affidato, gli venne concessa la medaglia d'argento al valor militare con
la seguente motivazione:
"Con
generoso ardimento e per dare modo ai propri compagni di completare i lavori di
trinceramento, rimase esposto per quasi un'intera giornata al fuoco avversario
controbattendo efficacemente, finché venne gravemente ferito."
Passo di
Sesis 11-14 giugno 1915
Maurizio Sgro ebbe poi la ventura di mettere al mondo un altro eroe: il
figlio Giovan
Battista,
conosciuto come Giovannino, partigiano della VII Divisione
"Garibaldi" Piemonte,
che si distinse in numerose azioni
offensive contro i nazi - fascisti.
Maurizio si spense nel 1929 a seguito di
complicazioni dovute alla grave ferita infertagli dai nemici. Peccato
che questo eroe e il generale Rizzo, non vengano mai ricordati
nelle cerimonie ufficiali anche perchè, fortunatamente, ebbero la
ventura di sopravvivere ai loro atti di eroismo.