Cenni
sul generale |
Antonio Rizzo, generale di divisione, classe 1885, poliglotta, commendatore, pluridecorato ( ben 27 decorazioni fra le quali due medaglie d’argento, quattro di bronzo, quattro croci di guerra, legione d’onore francese, Ordine Militare di Savoia e molte altre onorificenze) è uno dei Caccuresi più illustri e, nel contempo, forse uno dei più dimenticati. Non una strada, una lapide una qualsiasi citazione a ricordarci la figura e le gesta di questo insigne nostro concittadino. Nacque
a Caccuri il 6 agosto del 1885, in una casa di via
Portapiccola, da Antonietta Cistaro, maestra elementare e da
Salvatore Rizzo, originario di Crotone.
Abitò, da giovane, nella casa paterna di via Salita
Castello, ai piedi del campanile della chiesa di Santa Maria delle
Grazie e dalla madre imparò a leggere e a scrivere e
ad amare lo studio. A
20 anni si iscrisse alla Scuola Militare. Frequentò poi l’Università
di Napoli dove si laureò brillantemente
in lingue orientali. Nel
1911 partecipò alla Guerra di Libia. Nel 1918 lo troviamo nelle
trincee delle Frasche, sul Carso e su Piave. Il 30 ottobre del 1917,
Rizzo, con i suoi soldati, oppose una tenace resistenza al nemico a
Codroipo per consentire al resto dell’esercito di oltrepassare i
ponti del Tagliamento e salvarsi dalla prigionia.
Sopraffatti da forze preponderanti, Rizzo e i suoi furono
catturati, ma l’allora maggiore caccurese , sebbene ferito a un
piede, riuscì a fuggire raggiungendo, attraverso la campagna, il
fiume che attraversò a nuoto mettendosi in salvo. Poco dopo, al
comando di un
battaglione del 152° Reggimento di fanteria
(Brigata Sassari), fu protagonista, in Francia, di un’azione
epica che gli valse una “Citation a l’Ordre de l’Armée”
conferitagli dal generale francese Maistre alla presenza del re
Vittorio Emanuele III° che, per l’occasione, gli appuntò sul
petto anche la medaglia d’argento. Al comando della sua armata,
infatti, benché ferito, sfondò e oltrepassò le linee nemiche,
conquistò diverse postazioni avanzate e, incurante del dolore
provocatogli dalle ferite, condusse le truppe sulle posizioni
conquistate. Partecipò
poi alla Guerra d’Africa, dove catturò l’ultimo Ras ribelle,
Ras Destà. Ottenute altre decorazioni, fu nominato Governatore
dello Stato del Gimma. Nel corso di altre spedizioni militari fu
più volte ferito e, nelle Indie, fu preso prigioniero dagli Inglesi
che gli resero l’onore delle Armi. Nel
1943 , ammalatosi, fu sbarcato a Bari e acclamato da eroe, un onore
riservato a ben pochi Italiani. Si ritirò quindi a Trieste, città
che aveva scelto come sua residenza e nella quale aveva, in passato,
comandato la Brigata Sassari. Qui morì improvvisamente il 2
febbraio del 1951. Per l’estremo saluto al soldato di tante
battaglie, giunsero, nella città friulana,
in piazza Garibaldi, dove si tennero i discorsi ufficiali,
rappresentanti delle alte gerarchie militari e delle associazioni
combattentistiche nazionali. L’estremo
saluto gli fu porto dal tenente colonnello
Mariano Salvo.
Giuseppe Marino
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