In
questa pagina voglio ricordare una persona speciale che visse a Caccuri
nel secolo scorso; una persona umile nella sua grandezza e dignità che
merita la nostra riconoscenza e il nostro imperituro ricordo. Visse nel
nostro paese in anni bui e terribili della nostra storia, ma, senza
nemmeno rendersene conto, praticò valori come amicizia, rispetto
reciproco, coerenza, lealtà, solidarietà.
Concetta Senandres, o più semplicemente donna Concetta,
com’era chiamata affettuosamente da tutti i caccuresi, era originaria
di Squillace. Viveva con la zia, donna Silvia, una vecchietta minuta e
asciutta, con una foltissima capigliatura bianca, condannata a
trascorrere gli ultimi anni della sua vita, su una sedia a rotelle.
Donna Silvia era la vedova dell’ufficiale postale di Caccuri don
Antonio Senandres, originario anch’egli di Squillace che, quando
Concetta rimase orfana l’aveva adottata e le aveva dato il suo
cognome.
Negli anni ’40 la famiglia Senandres
dimorava in largo Montegrappa, nella casa attualmente di proprietà dei
signori Mancuso, ma in seguito cambiò spesso abitazione, rimanendo
sempre nel rione Croci. Spesso rivedo con la mente la povera donna
Silvia, nei primi anni ’50, sprofondata in una poltrona accanto al
caminetto nella casa di Ettore Pasculli in viale della Regina o in
quella di Luigino Pisano
nelle quali abitò evidentemente per qualche periodo.
Dopo la morte prematura di don Antonio
le due donne rimasero a Caccuri, anche perché Donna Concetta aveva
sposato il mio caro, compianto amico Rocco Parrotta.
Spesso quando si
parla di persone che non sono più tra noi c’è sempre il rischio di
scivolare nella retorica, nell’ipocrisia che ci fa sempre dire bene
del morto, ma parlando di Concetta Senandres non si corre affatto un
rischio del genere in quanto fu davvero una donna generosa e altruista
che si prodigò per il prossimo arrivando letteralmente a sfamare tanta
gente in anni bui e dolorosi della nostra storia.
Nel periodo immediatamente precedente il secondo conflitto
mondiale e durante la guerra la fame a Caccuri, come in tutta
l’Italia, era davvero tanta, soprattutto per gli artigiani o per quei
braccianti che non possedevano un pezzo di terra da coltivare, anche se
perfino gli stessi contadini, obbligati dai militi fascisti a consegnare
i loro prodotti agli ammassi, finivano per patire la fame. Allora donna
Concetta, che viveva nella casa di un impiegato dello Stato dove un
pezzo di pane non mancava mai, divideva il suo cibo con chi cibo non
aveva, passava di nascosto ai bisognosi un frutto, un pezzetto di
formaggio, un pugno di farina. Purtroppo, come accade sovente nella
vita, molte persone, “passata la tempesta”, dimenticarono le buone
azioni di quella santa donna, soprattutto quando vennero anche per lei i
tempi difficili, ma moltissime altre ricordarono per tutta la vita i
benefici ricevuti. Fra
queste mia madre che cantò per tutta la vita le lodi di comare donna
Concetta che considerava quasi una sorella maggiore.
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