Storia della Chiesa di San Rocco

                            

Chi non ama il proprio passato rinuncia al futuro.
             
Peppino Marino

 

  Cari visitatori,
con la pubblicazione di questo mio breve scritto si completa il modesto lavoro che ho dedicato alla ricostruzione della storia delle quattro chiese caccuresi che sono giunte più o meno integre fino a noi, un lavoro iniziato nel lontano 1980 con la chiesa della Congregazione del SS. Rosario e ultimato nei giorni scorsi con quella della chiesa di San Rocco. Ovviamente non ho la presunzione di ritenere questo mio lavoro esaustivo in quanto ci saranno certamente molti approfondimenti da fare e tante notizie che sfuggono ad uno studio anche accurato per la difficoltà di reperire fonti e documenti, ma il cantiere è sempre aperto e altri amici e ricercatori potranno in futuro completare il lavoro.
   Come ebbi a dire qualche giorno fa a proposito della storia della Chiesa Madre, anche
dietro queste paginette c’è un lungo lavoro di ricerca delle fonti e di trascrizione di antichi documenti che ha richiesto un bel po’ tempo e uno sforzo visivo non indifferente perché la ricerca costa sacrifici, comporta lunghi viaggi, dispendio di energie e di danaro, ma mi ripaga la soddisfazione di far luce in qualche angolo buio del nostro passato per riannodare, attraverso la ricostruzione di vari frammenti,  le fila di una storia lunga sedici secoli. Non lo faccio per interessi, meno che mai economici, come non ho fatto mai in vita mia, accontentandomi dello stipendio prima e della pensione poi e, come le cicale che regalano gratuitamente a tutti il loro canto, regalo anch’io questo mio lavoro, che affido alle pagine del mio sito www.isolamena.com, a chiunque voglia utilizzarlo per tesi, ricerche, post o quant’altro. L’unica cosa che chiedo a coloro i quali lo riprenderanno in parte o in toto, com’è già successo in passato per altri miei scritti, è di citare la fonte, sia per rispetto al mio lavoro, sia per dar più credibilità ai loro scritti. Citare la fonte rafforza le proprie affermazioni e dà certezza ai lettori sulla serietà della ricerca evitando errori come quello riportato tempo fa su Wikipedia e ora, fortunatamente rimosso, di qualcuno che datava la costruzione delle chiesa di San Rocco al 1912. Buona lettura e buon anno.
               Peppino Marino

 

     La chiesa di San Rocco, spesso definita impropriamente santuario, sorge a est del paese, sotto quella che un tempo era la Porta piccola e  a ridosso della contrada Vignali. Fu eretta all’entrata del paese come  tante altre chiese di molti paesi della Calabria e del Mezzogiorno, forse a guardia dell’abitato,  per proteggerlo dai mali che potevano arrivare ai suoi abitanti dalla strada d’accesso.  Su questo minuscolo tempietto  si hanno soltanto scarse notizie. L’epoca della costruzione dovrebbe risalire al secolo XVII o a quello precedente, ma non siamo riusciti a scovare documenti o testi che ci consentano di risalire all’anno preciso. Possiamo solo ipotizzare che, essendo la chiesa consacrata  al protettore della peste, possa essere stata costruita in occasione di una delle tante pestilenze che colpirono il Regno di Napoli e la Calabria, forse quella del 1656 – 1658, ma allo stato non è possibile alcun riscontro. L’epigrafe sulla facciata “Eris in peste patronus” rafforza comunque l’ipotesi, del tutto personale,  della costruzione e della consacrazione al santo di Montpellier in occasione di un evento di questo tipo. Notizie più certe affiorano, invece, nel XIX secolo quando già la costruzione doveva avere subito pesantemente l'usura del tempo. 
  
Nel 1855 la chiesa infatti si trovava in uno stato di forte degrado. A seguito di piogge abbondanti le infiltrazioni d’acqua provocarono il crollo della lamia, cioè della copertura a volta, mentre un devastante fulmine demolì interamente il frontespizio (per il fràgano del fulmine” scriverà il perito Vincenzo Cosenza.)[1] Più o meno la stessa vicenda della chiesa madre alla quale si dovrà mettere mano tre anni dopo, sempre a causa di un fulmine che demolirà il campanile. Essendo perciò inagibile, il sindaco Giovanni Oliverio e il decurionato, cioè la giunta comunale del tempo, si diedero subito da fare per rimettere in piedi la chiesetta del patrono e fecero redigere la perizia che prevedeva una spesa di 72,32 ducati.
   Il 2 luglio del 1855 il Decurionato, con la delibera n. 20, approvò la perizia per un costo dei lavori di 72,33 ducati e individuò gli articoli, cioè i capitoli di spesa ai quali attingere, mediante uno storno di fondi, per reperire la somma necessaria. Propose quindi di stornare 20 ducati dal capitolo 49 relativo alla spese di leva, 20 dal capitolo 43, spese per manto di strada e il rimanente dal capitolo 59, spese per opere pubbliche comunali, finanziato per 194,70 ducati, 30 dei quali erano già vincolati.
    Delibera e perizia, per il tramite del Sottintendente del Distretto di Cotrone, vennero inoltrate all’Intendente della Provincia di Catanzaro che il 21 luglio, come per prassi, la inviò all’architetto Ciro Candela per l’esame previsto dalla normativa vigente.  Il professionista la esaminò, ma il 1° ottobre dello stesso anno la restituì senza approvazione al capo della Provincia con la motivazione che era “irregolare e molto esagerata nei prezzi.” A questo punto il  Sindaco affida  al capomastro e perito pubblico Vincenzo Cosenza l’incarico di redigere una nuova perizia. Cosenza, muratore e guardia urbana caccurese, nel 1847 era stato ferito gravemente dal brigante Luigi Angotti nel corso della sua cattura proprio per merito del capomastro che, sebbene con l’avambraccio trapassato da una pallottola, riuscì a sua volta a ferire il fuorilegge a una gamba e a immobilizzarlo. 
La nuova perizia dal titolo “Note della spesa che vuole per gi accomodi della Chiesa di San Rocco di questa Comune di Caccuri fatta da me qua sotto scritto mastro muratore e perito pubblico in quest’anno 1855”,  prevede una spesa di 62,15 ducati che l’architetto Candela giudica questa volta regolare dandone comunicazione all’Intendente con una lettera del 18 gennaio 1856.[2]
   I lavori consistono nello sgombero dei resti della facciata e rifacimento della stessa e sistemazione della lamia (volta della chiesa) in canne e creta come si usava un tempo.
   Trascrivo qui di seguito la perizia del Cosenza.

 NOTE DELLA SPESA CHE VUOLE PER GI ACCOMODI NELLA CHIESA DI SAN ROCCO DI QUESTA COMUNE DI CACCURI FATTA DA ME QUA SOTTO SCRITTO MASTRO MURATORE E PUBBLICO PERITO IN QUEST’ANNO 1855

1° Per ribassare il frontespizio che sta crollanno (sic) per il fragano del furmine (sic) giornate di maestro numero sei                                                         importo 2,40
giornate di manipolo per scartare il materiale n. sei                        imp.       1,20
giornate di donne per allontanare lo sterro n. 12                              imp.       1,20
per riattare lo stesso giornate di maestro n. 15                                 imp.     06,00  
giornate di manipolo per assistere alla fabbrica n. 15                      imp.     03,00 
per calce tumola 30 a grana 10 il tumolo                                          imp.     03,00
per acqua e rena giornate di donna n. 24                                         imp.     02,40
per (illeggibile) la calce giornate di manipolo 1                                imp.     00.25
2° per assistenza alla mano giornate di manipolo dodici                  imp.     02,40
calce per riattare la cavallara tomola sei                                          imp.     00,60
per acqua e rena giornate di donne quattro                                      imp.     00,40
tegole n. 200                                                                                      imp.     01,00                                                                        
 
asticcioli n. 60                                                                                   imp.     01,20
canne per coprire l’incannata n. 200                                                 imp.     00,30 
per creta ed acqua giornate di donne n. 8                                         imp.    00,80   
3° Per la costruzione di una lamia di palmi cinquanta e palmi 25 di larghezza ci vogliono

Canne n. 800 alla ragione di grana 125 il canto                                             01.20
per listuni, travi serrate n. 18 a grana 20 l’una                                    imp.    03,60
chiodi per inchiodare l’istessi n. ottocentosedici                                 imp.    01,00
gisso tumula n. 15 a grana trenta il tumulo                                         imp.    04,50
calce tumula 30 a grana dieci il tumulo                                              imp.    03,00
per acqua e rena giornate di domma n. 24                                         imp.    02,40
per ammanzanare la calce giornate di manipolo ed assistenza
alla mano ed altro n. 25                                                                      imp.   05.00
per manodopera giornate di maestro n. 24                                         imp.   09,60
per intendità (sic) della perizia carlini                                                           00,60

Caccuri 8 novembre 1855                                                            Totale      62,15 
Vincenzo Cosenza maestro muratore e Perito

Visto della Deputazione delle opere pubbliche comunali
Luigi cav. Ambrosio Deputato
Vincenzo cav. Abruzzini Deputato

Vista e riconosciuta da noi Decurioni di Caccuri per la necessità del lavoro bisognevole nella Chiesa di San Rocco do p. comunale e per la soprascritta somma periziata in D. 62=15
Giacomo Lucente
G. Lacaria
Raffaele Ambrosio

Esaminata e trovata regolare per la somma di D. 62,15 più il diritto di esame dovuto a me in grana 31 c’è l’approvazione per D 62,46.
Catanzaro 18 gennaio 1836
            L’architetto
          Ciro Candela

  Dalla lettura di questo documento apprendiamo diverse cose interessanti sul’organizzazione del lavoro, sulle retribuzioni, sugli squilibri tra salario e costo dei prodotti artigianali o industriali e sulla condizione della donna verso la metà del XIX secolo quando Karl Marx e Fiedrich Engels avevano pubblicato da qualche anno il Manifesto del Partito Comunista con l’invito ai proletari di tutto il mondo di unirsi per spezzare le loro catene e attuare i dieci punti del documento.
   La perizia di Mastro Vincenzo Cosenza ci dice, fra l’altro,  che a quei tempi la giornata di un muratore era retribuita con 40 grana, esattamente il doppio di quella di un manovale e, addirittura, quattro volte superiore a quella di una donna che lavorava dieci ore al giorno a trasportare secchi di sabbia o di calcinacci o ancora barili di acqua sulla testa. Per avere una idea di quanto valesse una giornata di lavoro di una donna, ma anche di un manovale, basti pensare che la calce, prodotta nelle calcare del luogo,  costava 10 grana il tomolo (circa mezzo quintale) e che un pennello per imbiancare le case, probabilmente prodotto da qualche industria costava ben 20 grana equivalente a due giornate di duro lavoro di una donna e a una giornata di manovale.  Le donne venivano impiegate, come abbiamo visto, per lo smaltimento dei calcinacci, per il trasporto della sabbia dalle cave al cantiere e per il trasporto dell’acqua che serviva per preparare la malta, insomma come mezzo di trasporto o, meglio, animale da soma. Ma nemmeno i contadini e i vaticali (conduttori dei muli)  venivano trattati meglio se si pensa che 800 canne venivano pagate 1,20 grana, quasi metà di un pennello e quasi quanto un paio di chili di chiodi.

   Tornando all’intervento sulla chiesa, a
questo punto anche il Consiglio d’Intendenza, equivalente del nostro Consiglio provinciale, approva il progetto e l’intento di prelevare le somme necessarie dagli articoli individuati dal Decurionato di Caccuri, Nasce però un problema in quanto le somme previste per le spese di leva non possono essere utilizzate per questi lavori e allora il Decurionato, con una delibera del 29 giugno 1856 propone di utilizzare le somme previste per il mantenimento dei proietti ( gli esposti, i trovatelli). A favore del Comune, per l’anno in corso, sono stati previsti per questa esigenza 86,40 ducati mentre per mantenere gli unici tre proietti è sufficiente la metà di questa somma. Piuttosto che farli “richiamare a Catanzaro”, delibera il Decurionato, la residua somma potrebbe essere utilizzata per realizzare questi urgenti lavori.   Ma anche questa strada non è percorribile e il Consiglio d’Intendenza precisa che i fondi per il mantenimento dei proietti non possono essere utilizzati;si possono invece utilizzare i fondi per la salute pubblica dell’esercizio in corso, considerato che, si è già in ottobre  e “la salute, Dio mercé, non presenta niente di timoroso.” IL Decurionati accoglie la proposta con al delibera del 1° novembre e il Sottointendente, il 15 novembre, con la lettera n. 8589 di protocollo chiede all’Intendente la superiore approvazione che arriva da lì a poco. I lavori possono così avere inizio.
   Nel gennaio del 1857, cioè dopo meno di due mesi, i lavori erano già stati completati e il Sottointendente inviò all’Intendenza il verbale di consegna dei lavori e “lo stato in doppio dei travagliatori”, cioè il rendiconto delle spese sostenute per la manodopera, ma anche questa volta l’architetto Candela ha da ridire in quanto a suo avviso mancano le misure e le dichiarazioni  (ricevute) dei creditori. Inizia così un balletto di invio di documenti contabili e respingimento per irregolarità fin quando il 21 settembre del 1857 l’architetto Federico Catanzaro, incaricato di riesaminare il tutto, trova finalmente regolare la contabilità finale e dichiara chiusi i lavori.
     Dal all’approvazione della prima perizia alla definitiva chiusura burocratica dei lavori sono trascorsi due anni e due mesi, una sorta di miracolo se si pensa alle vicende dei giorni nostri (basti pensare alla Salerno - Reggio Calabria o ai lavori dell’Expo), alle procedure del tempo con tutti i passaggi tra decurionato, deputazione delle opere pubbliche, sottointendenza, intendenza, architetti revisori e alla viabilità e ai sistemi di spedizione e di recapito della corrispondenza di quei tempi. Evidentemente la burocrazia borbonica non doveva poi essere quel modello di inefficienza e di sciatteria che ci è stato poi descritto dai conquistatori.

   Il Santuario, come siamo soliti definire noi caccuresi la chiesa del patrono, rimessa così a nuovo, poté affrontare tranquillamente altre calamità naturali fino al nuovo secolo quando furono realizzati altri interventi di manutenzione straordinaria molti dei quali dal Comitato per la festa patronale che si sostituì al comune proprietario del bene.
   Di recente sono stati effettuati altri interventi di restauro e il rifacimento della pavimentazione del piazzale antistante utilizzando parte del porfido rimosso dalle strade del centro storico.

 


[1] Archivio di Stato di Catanzaro, Intendenza della Calabria Ultra II, Esiti comunali, Busta 120, Fasc. 4972, Delibera del Decurionato del Comune di Caccuri n. 20 del 2 luglio 1855

[2] AS CZ, ibidem