UN
SECOLO DI CARNEVALE CACCURESE
Questa
foto racchiude un po'di storia del Carnevale caccurese
della seconda metà del XIX secolo e dei primi anni del terzo
millennio. Caccuri è sempre stato un paese di gaudenti, di
gente allegra incline al divertimento, alla gioia di vivere, una
filosofia di vita che trovava la sua consacrazione, il suo
"trionfo" nella celebrazione del Carnevale, Nei primi
decenni del XX secolo i nostri antenati epicurei si
divertivano con le farze , componimenti ferocemente satirici che
fustigavano la moralità più o meno discutibile di signorotti e
popolino e, più raramente, l'arroganza e la prepotenza
delle classi dominanti. Le farze, infatti, erano tollerate,
anche se c'era sempre chi brigava per vietarle, solo nei giorni
di carnevale anche per consentire agli oppressi di sfogare la
loro rabbia repressa per evitare che sfociasse in pericolose
rivolte. Il farzaro per antonomasia era, come più volte detto,
Angelo Raffaele Secreto, alias Velociu, un contadino analfabeta,
ma con un ingegno degno di Marziale o di Pietro l'Aretino.
Con l'avvento del fascismo e con l'intolleranza di
gerarchi, podestà e camicie nere, la tradizione delle farze
andò scemando anche perché il 22 novembre del 1935,
Velociu, già vecchio e da qualche anno a riposo, si spense e
con lui anche la coscienza del paese e comunque, nessuno ebbe il
coraggio di seguire le orme del vecchio "fustigatore dei
costumi" anche per non finire in carcere o al confino. .
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e con i lutti
spaventosi che produsse anche nel nostro paese, nessuno ebbe per
molti anni la voglia di festeggiare e divertirsi, ma verso la
fine degli anni 40, un gruppo di giovani gaudenti cerco
di riproporre i festeggiamenti del carnevale, anche se, negli
anni dello scelbismo non era facile festeggiare ed era difficile
perfino fare una serenata alla donna amata senza la preventiva
autorizzazione della caserma dei carabinieri, figuriamoci un
corteo mascherato per le strade del paese. Per evitare possibili
guai con la legge, accuse di sedizione o sovversivismo, le
vecchie farse furono sostituire da canti e testi che
ironizzavano su Carnevale, un gaudente epicureo che dopo una
vita di bagordi si spegneva lasciando gli amici affranti e
l'inconsolabile vedova, Quaresima. Autori di questi nuovi teTsi
erano giovani come Peppe Marasco, Orlando Girimonte, due
autentici cabarettisti che erano anche i principali animatori
della festa e altri giovani al loro seguito. Verso la metà
degli anni 50, complice anche una nuova consistente ondata
migratoria, la tradizione si perse e la festa di Carnevale si
ridusse alla sfilata di qualche gruppo di fanciulli travestiti
con mascherine comprate negli empori, per iniziativa della
parrocchia o delle scuole caccuresi.
Nel 1999, coadiuvato da un gruppo di ragazzi per la parte
musicale, cercai di far rivivere la celebrazione del Carnevale
caccurese riprendendo in parte i vecchi testi e le canzoncine
di di Peppe Marasco e Orlando Girimonte integrandoli con
nuovi testi e canzoni da me composti per l'occasione. Travestito
da sacerdote che celebrava le esequie di Francesco Carnevale, mi
trascinai dietro, per le strade del paese, un lunghissimo corteo
festante. L'iniziativa ebbe un vastissimo successo tanto che i
ragazzi delle Pro Loco, guidati dl compianto Savino Pasculli, la
riproposero qualche tempo dopo, in un concorso aggiudicandosi il
primo premio. L'anno successivo e per un paio di anni ancora,
grazie all'associazione culturale Zeus e al suo vulcanico
Presidente Peppino Sganga, il Carnevale caccurese fu riproposto
anche come iniziativa di beneficienza a favore di una fondazione
che si occupa di recupero di tossicodipendenti. Andammo avanti
ancora per un paio di anni poi, come succede sempre in questo
benedetto paese, venuta meno ogni forma di collaborazione anche
perché si trova sempre il modo di polverizzare le scarse
"risorse" umane in attività spesso prive di spessore
e di radici nella tradizione locale, anche questa "nuova
tradizione" nata con l'ambizione di riprendere e
continuarne una scomparsa da decenni, scomparve, come le antiche
feste di Maya, come va scomparendo quella delle palme di
cioccolatini e confetti che un tempo erano l'anima e la carta di
identità di Caccuri.
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