TOGLIATTI
A CAVALLO

Tra le persone più belle e più care che ho avuto la fortuna di
incontrare nella mia vita, ce n'è una che ricordo sempre con
affetto e stima: Antonio Pasculli, figlio di Rosario e di Maria
Mannarino, fratello di mia zia Francesca (Checchina)
moglie di mio zio Raffaele Chindamo, fratello di mia
madre.
Affetto sin da bambino fa una fortissima miopia che
lo costringeva a portare lenti molto spesse, morì quasi cieco
dopo una vita di duro lavoro. Totò era un manovale, ma le
sue mansioni nei vari cantieri edili del paese alle
dipendenze di capimastri locali erano quelle di addetto alla
prepazione della calcina. In particolare, ancora negli anni 40,
50 e 60 dello secolo scorso la calce veniva prodotta in loco
partendo dalla pietra calcarea che si estraeva sulla collina
della Serra Grande sottoposta e cottura nelle
"calcare" per trasformarla in ossido di calcio. Questo
veniva poi trasformato in idrossido gettando le pietre di calce
viva (CaO) in una grande buca scavata nel terreno e riempita di
acqua. A questo punto si sviluppava una reazione
fortemente esotermica e l'acqua della buca bolliva, L'acqua
interagica con l'ossido di calcio e si formava l'idrossido
(calce spenta - Ca (OH-2).
L'idrossido di calce era una pasta biancastra
simile al sapone che andava poi miscelata con sabbia e acqua e
amalgamata per bene per ottenere la calcina. Questa operazione
che si faceva con un frattazzo particolare, una specie si zappa
('a zappetta 'e ra cuce) con un lungo manico in
legno era appunto affidata al caro Totò, uomo paziente, e
competente che aveva appreso quest'arte da mio nonno
Saverio Chindamo, addetto , prima di lui, per molti decenni, a
questa incombenza.
Totò, oltre a essere un grande lavoratore, era un
uomo onesto, leale, buono, coerente. Tutti conoscevano la sue
idee politiche e la sua militanza e la curiosa abitudine
di stare incollato, tutte le sere, a una vecchia radio a onde
corte ad ascoltare Radio Mosca, un'abitudine che aveva preso
negli anni della guerra quando, rischiando grosso, ascoltava i
discorsi che Togliatti teneva appunto su Radio Mosca
rivolgendosi agli italiani per incoraggiarli a lottare contro il
fascismo e fare opera di informazione contro le menzogne e la
retorica del regime fascista che cercava disperatamente di
nascondere agli italiani gli orrori della guerra e l'imminente
disastrosa sconfitta. Per questa abitudine e per l'attaccamento
al partito nel quale militava, Totò venne simpaticamente
ribattezzato Togliatti dai suoi arguti e fantasiosi compaesani.
Totò, ovviamente, votava col voto assistito Per cui aveva
bisogno di qualcuno fidato chE lo accompagnasse nella cabina
elettorale e l'unico di cui si fidava era un atro
comunistone: Peppino Sperlì, uno che spesso, riflettendo sulla
situazione politica itaLiana degli anni 50, 60 e, soprattutto
70, soleva commentare: "Qui ci vorrebbe uno Stalin del
36!", cosa per la quale si guadagnò anche lui il sopranome
di "Stalin" pur non essendo per niente uno stalinista,
ma una persona tollerante e amabilissima.
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