Gli antichi mestieri

   

 

   Indice
  
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           Pastore 
      


          Cestaio
    (Ricordi di contadino)

       Luigi Ventura
 
(Caccuri, città di santi..)

Giuseppe Noce

Enzo Loria
Peppino Nesci
Luisa Marino

Emilio Drago

Nenè Rao

Francesco Rugiero

Enzo Loria

Eugenio D. Marino
Eventualmente...?
Come dici...?
E' venuto....?
Promosso...?
Che colore...?
Programma...?
Piove...?
Caccuri...?

 

                                            Il pastore
 
La pastorizia, fortunatamente, non è ancora del tutto scomparsa dal nostro territorio.  Dico fortunatamente perchè si tratta di una attività che produce, da sempre, oltre ad agnelli, capretti e ricotte, un formaggio pecorino tra i migliori dell'intero pianeta. Peccato che se ne producano piccole quantità e che la vita dei nostri pastori diventi ogni giorno più dura. Tempo fa, suggestionato dalla pubblicità, acquistai del pecorino prodotto in altre zone, molto reclamizzato, ma mi resi immediatamente conto che nulla aveva a che spartire col nostro eccellente pecorino caccurese che nessuno si preoccupa di reclamizzare, né di incentivarne la produzione per contribuire allo sviluppo economico della nostra cittadina. 
                                                                        Dall'erba alla ricotta
                    

Una volta, quando ancora la globalizzazione era di là da venire, il formaggio e la ricotta, anche a Caccuri, si producevano ogni mattina nei casolari annessi all'ovile dei nostri pastori, spesso alla presenza di amici o curiosi che aspettavano pazientemente di poter fare "'
a 'mpanata", la squisita zuppa di pane fresco,  siero e un pò di ricotta  con la quale si chiudeva spesso il processo di lavorazione che dall'erba arrivava  a produrre la ricotta.

Tutto aveva inizio al mattino quando un gregge di pecore e di capre lasciava lo stazzo per raggiungere i verdi pascoli della zona (Caria, Battindero, Campanelli, Acquacalda etc.)


            Il gregge si avvia ai pascoli



Dopo aver pascolato tutto il giorno sotto l'occhio vigile del pastore, la sera  gli animali facevano ritorno all'ovile.

Allora le mamme  allattavano i piccoli quindi il pastore provvedeva alla mungitura raccogliendo il latte in secchi di latta pulitissimi. La quantità di latte, ovviamente variava a seconda del numero di animali di cui il gregge era composto.

  
Il mattino dopo il pastore scioglieva una pallina di caglio in un bicchiere d'acqua.  Il caglio era un pezzo di stomaco di capretto lattante fatto fermentare e conservato in un barattolo con olio. Quindi versava il latte in un grande pentolone metallico (Caccavu),  vi aggiungeva il caglio e accendeva il fuoco.  Poi, dopo qualche minuto iniziava a rimestare il latte con un mestolo di ontano che lui stesso si era costruito. Dopo un po' il latte cagliava.



Allora il pastore o chi lo aiutava scremava il latte cagliato ricavandone il primo prodotto, la "
sciungata". Poi cominciava a togliere la pasta del formaggio che pressava nelle "fiscelle", dei contenitori di vimini intrecciati anche questi costruiti dal pastore stesso.

Finita questa prima fase il pastore aggiungeva nel "caccavu"  ancora un po' di latte di capra e riaccendeva il fuoco (di cui il nome di ricotta attribuito al nuovo prodotto) e, dopo qualche minuto, spento di nuovo il fuoco, il pastore estraeva la pasta della ricotta che veniva anch'essa leggermente pressata nelle fiscelle. Le fiscelle con la ricotta venivano poi immerse in un recipiente con acqua fredda perché solidificasse subito.


Ringrazio la famiglia del signor Giovanni Gallo per la gentile collaborazione.



                                                                                
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                                      Il cestaio
                             
La tafarella

                                            

 La tafarella era un attrezzo in vimini che le massaie utilizzavano per mettervi ad essiccare fichi, pomodori, peperoni ed altri prodotti agricoli quando dovevano preparare le conserve per l'inverno.

   Le tafarelle, come gli altri manufatti in vimini o in giunchi (panieri, sporte, ceste etc.) , venivano costruite dai maestri cestai, una volta assai numerosi nei nostri paesi. Per realizazare questo prezioso "strumento di lavoro" delle nostre nonne il cestaio raccoglieva i vimini (junci) all'epoca giusta, tenendo conto della fase lunare. Ciò era molto importante per la perfetta riuscita del lavoro.  Quando la materia prima era pronta, il cestaio tagliava un ramo di nocciola e lo curvava fino a ottenere un lungo arco che fissava alla base con un altro pezzo di ramo e con del filo di ferro.


                           Il cestaio inizia il suo lavoro

Poi, nel senso della lunghezza, intrecciava altri rami a mò di ordito sui quali intrecciava poi i vimini.


        
Preparazione del telaio della tafarella

 Realizzato il telaio, incominciava a intrecciare i vimini partendo proprio dall'arco. Dopo qualche minuto l'opera cominciava a prendere corpo, mentre il maestro proseguiva pazientemente il suo lavoro.


       
La realizzazione della "trama"

   Il lavoro proseguiva incessantemente per un bel po', poi,  l'opera si avviava alla conclusione con l'avvicinarsi dei vimini alla base dell'arco.


      Il lavoro è oramai in fase avanzata.

   Infine l'artigiano si apprestava a completare il lavoro intrecciando gli ultimi vimini.


      Ultime fasi del lavoro.

  Arrivato  coi vimini in fondo all'arco, il cestaio fissava alla base della tafarella un altro ramo di nocciola intrecciandolo con le assi verticali e poi fissava il tutto con filo di ferro.  Il lavoro era oramai finito e la tafarella pronta per accogliere i prodotti genuini dei nostri orti.


             Tafarella finita

  Ringrazio il maestro caccurese Gabriele Perri per la gentile collaborazione.

                                       

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