FRANCESCO MACRì UN CAVALIERE IDEALISTA
di Giuseppe Marino



    Francesco Macrì, insegnante, uomo politico, commerciante, è uno dei tanti intellettuali caccuresi che nel XX secolo fecero grande questo paese ed ebbero un ruolo nazionale e, spesso, internazionale.
     Tata Macrì, come lo ribattezzarono affettuosamente i compaesani, nacque a Caccuri il 24 aprile  del 1870, da una famiglia povera di origini cosentine che ebbe altri tre figli: Alberto, Ernesto ed Amedeo, il padre del futuro medico condotto del paese, il dottor Francesco Macrì che portava lo stesso nome dello zio. Sin da fanciullo mostrò un accentuato interesse per gli studi tanto che i genitori, a prezzo di grandi sacrifici, gli consentirono di frequentare la “Regia Scuola Normale Superiore” di Napoli dove conseguì  la “patente superiore di maestro di scuola” come si chiamava allora l’abilitazione magistrale. Qualche tempo dopo cominciò ad insegnare in alcune scuole della provincia di Cosenza e, successivamente, anche a Caccuri, ma, a quei tempi, lo stipendio di maestro elementare non consentiva altro che una vita grama, per cui il giovane maestro, come tanti suoi connazionali, fu costretto ad emigrare in Uruguay, dove trascorse ben 27 anni e dove ebbe modo di affinare ulteriormente la sua istruzione e la sua cultura. Nel paese sud americano ebbe modo di farsi apprezzare sia dalle autorità uruguaiane che dai connazionali e dai dirigenti del liceo italiano Linares nel quale insegnava.
    La sua formazione culturale e politica fu certamente influenzata dall’asfissiante retorica risorgimentale dei cantori "degli eroi" che circa dieci anni prima avevano fondato il Regno d’Italia e che si ponevano l’obiettivo di cancellare ogni traccia del vecchio Regno di Napoli diventato poi delle due Sicilie. Il ragazzo crebbe così col mito degli eroi che ci avevano “liberato dalla tirannia” e della grandezza italiana, mito che si rafforzò ulteriormente con l’avvento del fascismo, soprattutto tra gli italiani che vivevano all’estero e avevano, anche per questo, una visione deformata della situazione italiana.   .
    Il 13 dicembre del 1917, mentre insegnava nella scuola di Montevideo, il ministro degli esteri Sidney Sonnino comunicò all’onorevole Lucifero che, su proposta dello stesso ministro, Vittorio Emanuele III°, con decreto del 9 dicembre dello stesso anno, aveva nominato il professore Macrì Cavaliere della corona.   
    
Tra i vari incarichi che ricoprì per conto del suo Paese vi fu anche quello di direttore delle scuole italiane in Uruguay. Fu anche membro autorevolissimo e segretario di un circolo culturale italiano della capitale uruguaiana. Era ancora nel paese sud americano, professore al liceo italiano di Linares, il 13 dicembre del 1917 quando il ministro degli esteri Sidney Sonnino comunicò all’onorevole Lucifero che, su proposta dello stesso ministro, Vittorio Emanuele III°, con decreto del 9 dicembre dello stesso anno, aveva nominato il professore caccurese Cavaliere della corona. L’anno prima si era reso protagonista di un inconsueto gesto di generosità, a ulteriore dimostrazione del suo patriottismo,  donando tutti i suoi risparmi, ammontanti a 3.000 lire, frutto di anni di sacrifici e privazioni, allo Stato italiano a titolo di prestito di guerra. Il versamento viene effettuato presso il Banco Italiano dell’Uruguay. Nel 1926, poco prima del suo definitivo rientro in Italia, donò la sua ricchissima collezione di libri che aveva accumulato in diversi anni, alla Biblioteca della Scuola italiana di Montevideo.
  Rientrato in Italia, nel 1933 venne nominato Podestà dal prefetto Tommaso Ciampani in sostituzione del commissario prefettizio Antonio Guzzo. L’anno successivo si rese promotore della “Sagra della giornata della madre e del fanciullo”, una delle tante manifestazioni nell’ambito della campagna demografica promossa dal regime fascista e che si celebrò a Caccuri il 28 marzo del 1934.      
   Il 15 maggio del 1936 accolse, alla testa di una grande manifestazione popolare e circondato da centinaia di camice nere, il vescovo di Cariati mons. Antonio Galati, in visita ufficiale nel paesino presilano.  Nel 1938, per raggiunti limiti di età, fu sostituito, nella carica di podestà, dal maggiore dei carabinieri Enrico Del Bene, un altro caccurese illustre che lascerà poi l’arma col grado di tenente colonnello.  
    Francesco Macrì, fu comunque un “fascista anomalo”, probabilmente più nazionalista che fascista, un uomo che amava profondamente il suo paese che pure non gli aveva dato pane, condizionato dalla retorica dannunziana e poi da quella fascista che esaltavano la grandezza e la potenza di un paese più sognata che reale. Insegnante e studioso prestato, probabilmente, suo malgrado, alla politica, nel periodo in cui ricoprì la carica di podestà, evitò saggiamente di abusare del grande potere che, in quegli anni, il regime dittatoriale affidava ai suoi rappresentanti nei paesi e nelle città e seppe conquistarsi la stima e l’affetto di tutti i concittadini.
   Tra le altre cose fu il regista e l’interprete di alcune edizioni de I Giudei, il dramma sacro nel quale vestiva i panni di Caifa.
   Negli ultimi decenni della sua vita, il vecchio professore, sprovvisto persino di una pur modesta pensione, svolse, per sopravvivere, l’attività di commerciante di tessuti. 

       “Tata” Macrì si spense nel suo paese natio il 26 marzo del 1959, alla venerabile età di 89 anni.