Storia della telegrafia e telefonia a Caccuri |
Il 24 maggio del 1844, mentre i fratelli Bandiera preparavao la loro sfortunata spedizione nelle nostre contrade, in America veniva effettuata la prima trasmissione di un segnale telegrafico tra Washington e Baltimora. L'invenzione del telegrafo e di un particolare alfabeto fatto di punti e di linee che consentiva l'invio dei messaggi era opera di Samuele Morse, un geniale pittore che aveva brevettato la sua prodigiosa macchina circa sette anni prima. Da allora la telegrafia si diffuse velocemente in tutto il mondo. Nel 1877 anche l'Amministrazione comunale di Caccuri e il sindaco, il barone Guglielmo Barracco, decisero di rompere l'isolamento del paese mediante la realizzazione di un impianto telegrafico da collegare alla linea Petila Poilicastro - San Giovanni in Fiore per cui il massimo consesso, il 30 gennaio dello stesso anno, deliberò di chiedere il finanziamento alla Deputazione provinciale. Come spesso accade, però, i soldi promessi tardarono ad arrivare per cui gli amministratori decisero di realizzare ugualmente l'opera con fondi dello stesso ente. A distanza di nove mesi l'impianto era già in funzione ed era gestito da un ufficiale telegrafista che percepiva uno stipendio di 51,16 lire mensili, una paga niente male per quei tempi. Sarebbe interessante sapere a chi fu spedito il primo telegramma dall'ufficio di Caccuri, ma sono sicuro che uno dei primi telegrammi, e di protesta per giunta, fu spedito certamente alla Deputazione provinciale che con la sua inefficienza aveva creato seri problemi di bilancio al comune del dinamico paesino presilano. L'ufficio postale, stranamente, fu richiesto solo dopo un anno da quando il telegrafo era già in funzione e fu aperto al pubblico nel 1879. (1) Chi ha più di cinquantanni ricorderà certamente il ticchettio di questo affascinante apparecchio che si poteva udire all'interno dell'ufficio postale, ma anche da fuori. Capitava perfino che qualche sfaccendato, per passare il tempo, se ne stava ad ascoltarlo per ore e, avendo imparato l'alfabeto Morse, era in grado di decifrare i telegrammi in arrivo anche standosene fuori dall'ufficio, con tanti saluti alla privacy.
Il
telefono da noi fece invece la sua comparsa nei primi decenni del secolo
scorso quando concessionaria del servizio telefonico era la S.E.T.
(Società Esercizi Telefonici Bari – Catanzaro – Potenza). La S.E.T.
era una delle cinque società alle quali, nel 1925, con una gara
pubblica, venne affidata la
concessione telefonica per il Mezzogiorno e la Sicilia. Le altre,
concessionarie nel resto d’Italia, erano
la STIPEL per il Piemonte e
la Lombardia la Telve per Veneto, Friuli e Trentino Alto Adige, la TIMO
per l’Italia centro- orientale e la TETI per la Liguria, la Toscana e
la Sardegna. Qualche tempo dopo il telefono arrivò anche a Caccuri.
Questo se si
trattava di una chiamata urbana; per le interurbane la cosa
era un po’ più complicata e le centraliniste e le spine da infilare
per le commutazioni erano più di una. Per questo motivo, quando
l'operazione di collegamento delle varie linee era completata,
l'operatrice avvertiva l'utente che il collegamento era
"pronto". Spesso l'utente, impaziente, sollecitava
l'operatrice con la domanda "Pronto?" Da qui l'abitudine
di rivolgere questa stessa domanda all'interlocutore all'altro capo del
telefono.
Dopo il 1964, con la fusione delle cinque società concessionarie in un’unica società, ovvero la SIP (già Società Idroelettrica Piemonte) che ora diventava Società per l’esercizio telefonico, il vecchio centralino venne smantellato e anche Caccuri conobbe la teleselezione e i nuovi apparecchi telefonici. L’utenza era però ancora scarsa e la stragrande maggioranza dei caccuresi che dovevano effettuare qualche chiamata utilizzavano l’unica cabina telefonica pubblica installata nel bar Cimino in vico Municipio che funzionava anche da centralino con preavviso. Quando qualche emigrato voleva sentire al telefono un amico o un parente, chiamava il bar Cimino e preannunciava una successiva chiamata in un giorno e a un’ora precisa. Allora la povera zia Clorinda si premurava, attraverso qualche avventore o con altri mezzi, di informare l’interessato che all’ora e nel giorno previsto, si presentava al bar per rispondere alla chiamata.
Intanto
piano, piano, il numero delle utenze caccuresi cominciò ad aumentare,
fino ad arrivare al 1980 quando più di un centinaio di caccuresi, in
una sola giornata, stipularono il contratto con la SIP che, dopo qualche
settimana, collegò i nuovi abbonati alla rete nazionale consegnando
loro un bel po' di telefoni "moderni" con il disco selettore per la teleselezione.
Questi telefoni che rimasero nelle nostre case per almeno una decina
d'anni, ci costarono un occhio in quanto, oltre al canone di abbonamento,
si pagava anche il canone per l'apparecchio e un altro per una
improbabile manutenzione della presa. Il resto è storia recente.
Chi
volesse divertirsi e rendersi conto delle difficoltà che incontrava chi
voleva diventare utente di una linea telefonica privata verso la fine del
XIX secolo, delle procedure burocratiche farraginose da
superare, perfino dei sospetti che si attirava addosso, può leggere un
libro capolavoro del maestro Andrea Camilleri intitolato, per
l’appunto, "La concessione del telefono".
1) G. Marino, Caccuri e la sua Storia, Abramo 1980, pp.
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