L’L’Alto
Crotonese, e più precisamente la zona compresa tra Melissa, Strongoli,
Casabona, San Nicola dell’Alto, Verzino, Caccuri e Belvedere di
Spinello ha una storia mineraria che si è consumata nel giro di un paio
di secoli e che, comunque, pur avendo dato origine a qualche breve
periodo di occupazione e benessere, non ha innescato quei processi
irreversibili dei quali avremmo avuto bisogno per far progredire le
nostre contrade, creare sviluppo, occupazione e arrestare l’emorragia
di popolazione dopo l’Unità d’Italia.
La zona che ho cercato di delineare era ricchissima di due minerali: lo
zolfo e il salgemma. Il salgemma è un sale povero che si trova in
giacimenti sotterranei di origine marina poi ricoperti da sedimenti ed
è composto quasi esclusivamente da cloruro di sodio. A differenza di
quello marino non contiene iodio per cui è sconsigliato per
l’alimentazione in quanto la tiroide, per garantire una corretta
sintesi ormonale, ha bisogno di iodio il cui apporto può essere
garantito dall’uso del sale marino iodato. Questo fu anche uno dei
motivi per i quali l’attività estrattiva del salgemma per uso
alimentare fu abbandonata, oltre parte che per le enormi difficoltà di
estrazione del minerale, difficoltà che nell’antichità lo resero così
prezioso da essere utilizzato come moneta. Da qui l’origine del
sostantivo “salario” per indicare la paga. Più facile, invece,
l’estrazione del salgemma per uso industriale.
Il territorio compreso tra i comuni di Verzino, Caccuri e Belvedere di
Spinello era molto ricco di salgemma che in epoche antiche veniva
estratto dai regnanti che ne detenevano il monopolio, anche se non
mancarono mai i cosiddetti contrabbandieri che erano spesso poveri
diavoli che se ne approvvigionavano per il consumo familiare o, al
massimo, per qualche piccolo commercio che consentiva loro di non morire
di fame.
In epoca borbonica le autorità chiudevano spesso un occhio su questi
piccoli “furti”, anche perché il sale prodotto delle saline di
Barletta, Altomonte e Trapani era sufficiente al fabbisogno
dell’intero regno per cui col decreto del 13 aprile 1826 il governo di
Francesco I decise di chiudere le saline di Vasalicò (Basilico) e
Calderazzo in territorio di Caccuri, di Ogliastri, Olivadi e altre
sparse nella zona tra Belvedere Spinello , Caccuri e Cotronei. Pur non
essendo sfruttate da quasi un secolo, queste antiche cave, dopo l’Unità
d’Italia, erano comunque presidiate per evitare che la povera gente,
prelevando quel sale “malato” e privo di iodio che provocava vere e
proprie epidemie di gozzo tiroideo (da qui l’epiteto di “cagnusi,
portatori di gozzo” affibbiato agli antichi caccuresi), evitasse di
comprare il sale prodotto altrove con grave danno per le casse dello
stato savoiardo. A tale proposito esisteva una casermetta delle guardia
doganali in località Troncone, una collina che sovrastava la zona delle
saline. La notte del 16 luglio del 1861 quattro di queste guardie furono
uccise dai rivoltosi caccuresi nel corso di quella che fu la prima
“guerra del sale” tra le popolazioni locali e il nuovo governo
piemontese che aveva attaccato e conquistato il Regno delle due Sicilie
e che non era disposto a consentire alle popolazioni locali di
approvvigionarsi di un po’ di sale “malato” senza pagare tasse e
balzelli ai conquistatori.[1]
Un altro episodio doloroso fu la rivolta del 23 aprile del 1864 quando
al mattino una folla di uomini e donne composta in maggioranza da
caccuresi, ma anche da cerentinesi e verzinesi, si presentò alla salina
di Basalicò. Alcuni erano armati di fucili, scuri, bastoni, altri
semplicemente di bisacce che sarebbero servite per approvvigionarsi di
salgemma. Le poche guardie presenti non riuscirono a impedire “il
saccheggio”, ma all’improvviso giunse un drappello di altre guardie
doganali coadiuvato dalla Guardia nazionale che al rifiuto dei rivoltosi
di svuotare le bisacce aprì il fuoco ferendo gravemente due caccuresi,
Salvatore Secreto e il mugnaio Giacomo Pisano. Il Secreto sopravvisse,
ma il Pisano, colpito da diverse fucilate morì in contrada Acquacalda
mentre veniva trasportato a spalle a Caccuri.
Rivolta
del sale (Vasalicò) Basalicò - Caccuri - 23/4/1864
Nei
primi anni del XX secolo le guardie doganali, diventate guardie di
finanza, furono ospitate per qualche decennio in una caserma ricavata in
alcuni locali del vecchio convento cinquecentesco dei domenicani di
Caccuri al solo fine di presidiare saline che erano state chiuse quasi
un secolo prima.
Tra le altre saline della zona merita un cenno particolare la salina del
Neto, sotto Altilia nella zona dove resiste ancora il toponimo “ ‘U
timparellu ‘e ra salina”, di proprietà regia, ma all’interno di
un possedimento dell’Abbazia di Calabro Maria, che finì per diventare
una fonte di reddito per il celebre Gioacchino da Fiore, il monaco
imprenditore “di spirito profetico dotato”, in virtù di una
concessione dell’imperatore Enrico VI del 1195. [2]
Il salgemma della nostra zona fu poi estratto dalla Montedipe, una
società che faceva capo alla Montedison con un sistema di pompaggio di
acqua che scioglieva il minerale, ma che lasciava nel sottosuolo caverne
che cedevano creando voragini. Nel 1984 vi fu un crollo e lo
sprofondamento di tre milioni e mezzo di metri cubi di terreno di nel
pressi di Timpa del Sauzo (sauzu – salgemma) e una fuoruscita di
salgemma che allagò cento venti ettari di terreno agricolo
desertificandolo, e inquinando parte del fiume Neto, oltre a
interrompere la strada di accesso a Belvedere Spinello nel cui
territorio veniva estratto il minerale. Per questi motivi, dopo alcuni
contenziosi con l’amministrazione locale, all’epoca guidata dal mio
caro amico e compagno Luigi Cassano, la miniera venne definitivamente
chiusa.
Lo zolfo
Anche
quella dell’estrazione dello zolfo è una storia molto interessante.
Dell’esistenza di giacimenti di zolfo nell’Alto Crotonese diedero
notizia, già nel XVI e nel XVII secolo gli storici Gabriele Barrio,
Girolamo Marafiori e padre Giovanni Fiore da Cropani. A quei tempi
doveva essere già in atto, seppur in misura molto modesta, una qualche
attività estrattiva. Ne fa fede un antico toponimo nel territorio di
Caccuri, “ ‘a Suffrara”, chiaro riferimento a una probabile
attività estrattiva o forse alla località di stoccaggio del minerale.
Fontana
pubblica di Suffrara(Caccuri)
Nel XIX secolo lo zolfo era molto richiesto, soprattutto dagli inglesi
che, anche in virtù dell’aiuto dato ai Borbone nella riconquista del
regno occupato dai francesi a partire dal 1805, avevano ottenuto in
cambio il monopolio dell’estrazione, oltre a un vasto feudo nella zona
di Bronte e la Ducea, un’ antica abbazia trasformata poi nella
residenza dell’ammiraglio Nelson, il gentiluomo che impiccò il suo
collega Caracciolo dopo averlo sconfitto, nonostante fosse stato
condannato solo al carcere. Ma il colerico ammiraglio inglese non se la
poté mai godere a causa del noto “incidente” di Trafalgar. Fu
proprio il proposito di Ferdinando II, il nipote di Ferdinando I, di
abolire il monopolio inglese sullo zolfo delle due Sicilie per poter
ricavare da questa risorsa un giusto compenso per le casse dello stato a
attirargli l’odio degli inglesi che finanziarono e appoggiarono la
scorreria di Garibaldi.
La scoperta di giacimenti di zolfo nella nostra zona e una modesta
attività estrattiva ci portano indietro di molti secoli, ma notizie più
precise risalgono solo agli ultimi tre, a partire dai primi decenni del
XIX. Un ventennio dopo l’Unità l’estrazione era molto attiva nelle
miniere del Comero, Santa Maria del Comero e Santa Domenica.
Quella di Santa Domenica si trovava in agro di Melissa, in una zona che
si incunea tra l’abitato di Strongoli, quello di Casabona e quello di
San Nicola dell’Alto. Pare che le prime ricerche che portarono poi
all'apertura delle cave risalgano al 1878. Le prime gallerie furono
denominate Alba e Avola. L'attività estrattiva raggiunse alti picchi
nei primi cinquant'anni del Novecento determinando anche un notevole
incremento demografico dei paesi vicini come San Nicola che divenne
paese di immigrazione tanto da contare, nel 1951, ben 2.687 abitanti.
Resti
alloggi minatori miniera di Santa Domenica (agro di Melissa)
La seconda miniera, abbastanza ricca di minerale era quella
di Santa Maria al Comero, di proprietà dei baroni Giunti, una famiglia
probabilmente originaria della sicilia, ma che poi passò poi a una
cordata capeggiata da Nicola Giunti e, negli anni ’40 del XX secolo a
Francesco Massaro. La terza miniera, o forse sarebbe più esatto
parlare di terza concessione, è quella di Comero che pare fosse anche
la più ricca di minerale.
Delle attività estrattive nelle tre concessioni si hanno
parecchie informazioni, grazie a un pregevole lavoro di Gino Sulla che
vi invito a cercare sul web. Da questo apprendiamo che già nel 1890
dalla miniera del Comero si estraevano 3.560 tonnellate di zolfo greggio
e che sessantaquattro anni dopo, nel 1959, si raggiunse la quota di
4.549 tonnellate, mentre il livello massimo di minatori fu di 270.[3]
Grazie all’estrazione dello zolfo verso la fine del XIX
secolo San Nicola dell’ Alto e la vicina Strongoli erano tra i paesi
più popolati e più prosperi del Comprensorio. Nonostante ciò, però,
qualche anno dopo, nel 1907, tra i 171 italiani ufficialmente morti
nella sciagura mineraria di Monongah nel West Virginia figura anche
Francesco Todaro, un minatore di Strongoli che non ebbe nemmeno la
fortuna, se così si può dire, di morire vicino casa sua.
A proposito di incidenti pare che anche la miniera di
Comero abbia avuto una storia travagliata. La signora Cristina Ferraro
il cui padre lavorava giovanissimo in questa azienda riferisce che vi
scoppiarono ben tre pericolosi incendi che lo convinsero a lasciare
questo lavoro per trovarsene uno meno rischioso in Toscana, mentre il
signor Stefano Iacometta mi fa sapere che nel marzo del 1973, poco prima
che le attività estrattive fossero definitivamente chiuse, si verificò
un grave incidente nel quale persero la vita tre lavoratori tra i quali
un suo parente.
[1]
G. Marino, Cronache di poveri briganti, Pubblisfera, Sal Giovanni in
Fiore 2003, pag.g. 83, 84
[2] A. Pesavento, La Salina di Neto presso
Altilia,http://www.archiviostoricocrotone.it/…/la-salina-di-neto-p…/
[3] http://digilander.libero.it/sannicola.ginosulla/…/comero.htm
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