Agli inizi del XX secolo l’antico Marchesato di Crotone ed
i paesi della fascia presilana erano ancora zone sottosviluppate
nelle quali persistevano tratti del feudalesimo. Quasi tutta la
proprietà terriera era in mano a pochissimi latifondisti che la
lasciavano in gran parte incolta o vi pascolano gli armenti.
Migliaia di braccianti e di contadini soffrivano la fame e le
loro famiglie erano costrette a subire ogni sorta di privazione e di
stenti. L’analfabetismo era una piaga endemica che, nonostante l’istituzione
della scuola obbligatoria e la
nascita, agli inizi del secolo, delle prime scuole comunali, non si
era ancora riusciti a debellare; pochi sismi erano quelli che
avevano l'opportunità di frequentare le scuole superiori, spesso
attraverso l’espediente di fingersi illuminati dalla grazia di Dio
e di voler accedere al sacerdozio per rinchiudersi
in un seminario ed avere, così, la possibilità di studiare.
Le promesse dei governi di sempre sulla divisione delle terre
ai contadini, promesse che aveva spinto anche le masse meridionali
ad appoggiare entusiasticamente l’impresa garibaldina, salvo poi
il risveglio amaro di Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto,
erano rimaste sempre lettera morta, mentre i governanti, invece di
pensare allo sviluppo del Mezzogiorno preparavano la scellerata
avventura libica e la guerra contro i Turchi. Eppure si sentiva nell’aria
che qualcosa stava per cambiare, che qualcosa doveva necessariamente
cambiare.
Nel 1892, a
Genova, era nato il Partito socialista e nel 1906 la CGdL,
(Confederazione generale del Lavoro) poi
CGIL. Partito e sindacato cominciarono
ad organizzare operai e contadini in leghe, cooperative e società
di mutuo soccorso facendo loro intuire le grandi potenzialità di
lotta che le classi
subalterne avrebbero potuto spendere per il proprio riscatto e per
il miglioramento delle loro condizioni di vita.
Questo processo
interessò anche la nostra zona, soprattutto dal 1919 in poi quando,
con l’emanazione dei decreti Visocchi per la concessione della
terra agli ex combattenti della Grande Guerra, iniziò un primo
timido tentativo di rottura del latifondo
i cui effetti, però, furono molto scarsi lasciando al
situazione pressoché inalterata.
Nel 1906 l’ingegnere
milanese Angelo Amodeo , uno dei massimi esperti di sistemi idrici d’Europa,
avviò uno studio per lo sfruttamento delle enormi potenzialità
idriche della Sila finalizzato, fra l’altro, anche alla
produzione di energia idroelettrica. Mentre gli studi andavano
avanti, per volontà di un meridionalista, Francesco Saverio
Nitti, primo Radicale storico a diventare Presidente del Consiglio
dei ministri, si decise, sfruttando le disposizioni della legge 11
luglio 1913 n. 985, di
realizzare un complesso sistema elettro - irriguo
mediante la costruzione di grandi bacini a monte, condotte e
centrali che interessava non solo la nostra Sila, ma anche parte del
territorio della Lucania (regione di origine del Nitti) e di quello
pugliese. Alla progettazione di queste imponenti opere, sotto la
direzione dell’ingegnere Amodeo, collaborò anche un giovane
ingegnere serbo, Wladimiro
Iegitch , che abitava a Caccuri e che morì in una casa del
paesino dei Simonetta posta nella via Salita Castello,
improvvisamente, il 9 settembre del 1919, probabilmente
vittima di una epidemia di febbre spagnola.
La realizzazione
del complesso sistema elettro – irriguo meridionale fu affidata,
nel 1916, alla SME
(Società meridionale elettricità), una società nata nel 1899 per
iniziativa della Compagnia
Napoletana di Illuminazione e Gas, della Comit e
della Società
Franco Suisse di Ginevra
e che, nel 1962, dopo la
nazionalizzazione dell’energia elettrica e la nascita dell’Enel
per volontà del primo governo di centro sinistra presieduto da
Amintore Fanfani, investirà le risorse ricavate dagli indennizzi
dello Stato nel settore agro alimentare con l’acquisizione delle
aziende Motta e Alemagna fino a diventare il più grande gruppo
alimentare italiano.
La SME avviò
immediatamente i lavori per la costruzione del lago Ampollino che
terminarono nel 1927. Fu
poi la volta del lago Arvo, realizzato tra il 1927 e il 1932,
collegato al lago
Ampollino mediante una condotta in galleria ed infine, nel 1951,
quella del lago di Cecita, il più grande serbatoio idrico della
regione (121 milioni di metri cubi) ottenuto con lo sbarramento del
fiume Mucone.
Mentre fervevano i
lavori per la realizzazione del lago Ampollino, venivano,
contemporaneamente, costruite le centrali di Orichella e di
Timpagrande. Quest’ultima fu inaugurata nel 1927 dal re Vittorio
Emanuele III, ospite, per l’occasione, di don Giulio Verga, un
possidente di Cotronei. Don Giulio, dovendo fornire al re una
cavalcatura “ammansita” che gli consentisse di percorrere in
groppa un tratto dell’impervia strada e non avendone a
disposizione, pensò di
rivolgersi all’amico Domenico Lopez. Questi,
investito di tale
responsabilità, decise
di mettergli a disposizione una sua mula ed un cavallo, gli animali
più mansueti che si potevano reperire
in zona e, volendo fare le cose a puntino, volle
che le cavalcature fossero
ferrate a regola d’arte in modo da mettersi al sicuro da qualsiasi
inconveniente per cui si rivolse, su coinsiglio dello setsso don
Giulio, a mastro
Peppino Gigliotti, caccurese, uno dei migliori artigiani della
Calabria, già Presidente della Lega degli ex combattenti di
Caccuri. Il 27 luglio del 1927, Lopez così scrisse a mastro
Peppino:
“Caro
mastro Peppino,
don Giulio Verga , per mezzo di un corriere mi scrive che, in
occasione della venuta di sua maestà Vittorio Emanuele a Cotronei
per l’inaugurazione della centrale elettrica di Timpagrande e che
deve essere ricevuto da lui, dovendo questo percorrere qualche
tratto a cavallo per la visita ai laghi e lui non ha animali
ammansiti come la mia mula e il cavallo, mi prega di mandargli
tutte e due quale di uno sua Maestà vorrà usare, però farli
ferrare a Gigliotti aggiustandole i piedi a suo modo, perciò ti
mando mula e cavallo per ferrarli a nuovo.
Tu sai come aggiustare i piedi, ma io ti consiglio i ferri
piuttosto leggeri. Ti saluto.
Domenico Lopez.”
Dopo l’inaugurazione
don Giulio e Lopez, entusiasta per come sono andate le cose,
prega Lopez di esternare al Gigliotti le sue con granulazioni e
Lopez scrive:
“Caro mastro Peppino,
don Giulio Verga nel rimandarmi mula e cavallo mi ringrazia
sentitamente e mi dice che la mula ha portato a cavallo sua Maestà
ed è andata benissimo e con ciò spetta anche a te una parte del
merito. Ti sarei grato se mi hai finito il bollo per le vacche
(probabilmente un marchio) che debbo mandarle alla Sila a
Vaccarizzo. Ti saluto.
Domenico Lopez”
La vecchia
centrale di Timpagrande
L’inaugurazione
della centrale e dell’imponente
complesso elettro irriguo entusiasmò moltissimo
don
Francesco Pasculli, insegnante, ex parroco di Caccuri, tenente
propagandista della Grande Guerra, legionario
fiumano, dannunziano e convinto fascista che, per l’occasione
inviò una entusiastica lettera al re
nella quale scrisse: “Una nuova e rigogliosa Istituzione è nata oggi in Italia: la maggiore e
più salutare che sia sorta al mondo: il Fascismo e fascisti sono
pure i nostri monti che oggi, e non prima, sprigionano dalle loro
viscere l'immensa energia elettrica che muoverà ferrovie, motori e
braccia affascinandoli nella santità del lavoro". E
così, con buona pace di Nitti, il fascismo metteva il cappello
anche sugli impianti silani.
Il giorno
dell’inaugurazione della centrale fu una festa grandiosa, come
raccontarono molti testimoni presenti all’evento. Tra questi anche
un bambino della scuole elementari di Casabona, portato lì con la
sua scolaresca, Pasquale
Poerio che diventerà poi l’animatore delle lotte contadine
che portarono alla rottura del latifondo, quindi prestigioso
dirigente del PCI, dell’Alleanza dei contadini, deputato prima e
poi senatore della Repubblica. Fu proprio Pasquale Poerio a
raccontarci della presenza a Timpagrande, in quel memorabile giorno,
di Gugliemo Marconi, il padre della telegrafia senza fili che volle
essere presente all’evento in omaggio al suo grande amico, medico
di fiducia e professore universitario, il casabonese
Giuseppe Tallarico, medico di fiducia anche
Picasso, di Leoncavallo e di Strawinskj.
Il senatore
Poerio nel 1979 a Timpagrande
L’entrata in
funzione delle tre centrali di Timpagrande (1927), Orichella (1929)
e Calusia (1931) che producevano complessivamente circa 370 mw di
energia a buon mercato, consentì la
nascita di una fiorente
industria crotonese con la realizzazione degli stabilimenti della
Montecatini e della Pertusola, un’azienda, quest’ultima, che
produceva zinco elettrolitico i
cui lavori di costruzione furono avviati nel 1928, ma che diventerà
operativa nel 1932. Ciò segnò l’inizio di quel processo di
trasformazione del Marchesato da vecchio feudo in
zona agro industriale moderna. Con
la nascita dei due stabilimenti, infatti, molti braccianti e
contadini del luogo, ma anche di altre zone della Calabria e d’Italia
tra i quali moltissimo veneti, trovarono lavoro nella città di
Pitagora che divenne la città più industrializzata della Calabria
e una delle più industrializzate dell’intero Mezzogiorno.
La centrale di
Calusia
Con
l’industrializzazione nacque anche una classe
operaia sindacalizzata
e politicizzata, consapevole dei propri diritti che seppe fornire al
movimento sindacale dirigenti preparati e motivati
tra i quali il compianto Ciccio Caruso. Intanto, subito dopo
la fine del secondo conflitto mondiale, anzi mentre ancora il
conflitto era in corso,
proprio da Casabona partì, grazie a Pasquale Poerio, a Adolfo
Oliverio e ad altri giovani dirigenti politici e sindacali, quel
vasto movimento di lotta di contadini e braccianti che chiedevano
l’assegnazione delle terre incolte e che ebbe il suo
tragico epilogo nella strage di Fragalà di Melissa del 1949.
Occupazione delle
terre
Narra Pasquale Poerio che le lotte per l’occupazione delle terre a
Casabona iniziarono già otto giorni dopo l’8
settembre del 1943 con le truppe alleate ancora a Crotone. Quando
il comando americano apprese la notizia, preoccupato
che potessero scoppiare tumulti a pochi chilometri dai suoi
accampamenti, mandò un contingente di soldati marocchini per sedare
una eventuale rivolta. I
soldati nord africani, però, giunti sul posto, si imbatterono in
un gruppo di contadini
intenti al lavoro armati solo di aratri, zappe e badili per cui
finirono per solidarizzare con i presunti rivoltosi.
Dopo l’emanazione dei Decreti Gullo e l’eccidio di Melissa, la
lotta per la terra cominciò a diventare vincente e iniziarono le
prime quotizzazioni gestite,
purtroppo, spesso con metodi clientelari dall’allora Democrazia
Cristiana al potere. Da quelle battaglie nacquero la riforma agraria
e l’Opera valorizzazione Sila, una riforma agraria monca, gestita
male che non produsse i frutti sperati e che fini per parcellizzare
le terre in piccoli fazzoletti dai quali i contadini assegnatari non
riuscivano a ricavare redditi
adeguati, anche se consentivano, comunque, di
liberarsi dalla fame atavica.
Il vecchio frantoio
di Barracco a Forestelle
Un
grande contributo alla trasformazione dell’antico feudo venne,
poi, dalla possibilità di sfruttare l’acqua dei bacini silani,
una volta utilizzata per produrre energia elettrica, a scopo irriguo
grazie alla realizzazione del piano irriguo Neto – Tacina –
Passante, la battaglia di una vita di Pasquale Poerio, un’opera
non ancora completata e solo ora in dirittura d'
arrivo, quando parte della valle del Neto sta oramai cambiando
vocazione e, da zona agricola si va trasformando in zona commerciale
o industriale. Solo quattro anni fa, infatti, sono stati completati
i lavori per la realizzazione della vasca di modulazione di Calusia,
un serbatoio nel quale vengono accumulate le acque di scarico del
terzo salto dell’omonima centrale per essere poi distribuite ai
terreni a valle.
Grazie a questi due importantissimi eventi, la realizzazione degli
impianti silani con la conseguente nascita dell’industria
crotonese e la rottura del latifondo e la conquista delle terre, anche
gli operai di Crotone, i braccianti
e i contadini poveri poterono
vivere un po’ più dignitosamente, mandare i figli a scuola,
progredire e contribuire al processo di sviluppo economico e
sociale che, pur con tutti i limiti e gli errori commessi, i mancati
traguardi raggiunti, le molte
aspettative deluse, gli sfregi al territorio, trasformò
completamente e per sempre il volto dell’antico feudo del
Marchesato.
La battaglia per l'occupazione delle terre e
la tragica vicenda di Melissa con l'eccidio di tre braccianti,
Giovanni Zito, Angelina Mauro e Francesco Nigro, colpiti dal
piombo della polizia mentre altri quindici rimasero feriti,
contribuirono anche a diffondere una nuova cultura ed una
nuova consapevolezza dei propri diritti. L'emozione e lo sdegno
provocato da quella stupida strage furono così forti che molti
genitori italiani decisero di dare alle loro bambine il nome di
Melissa in omaggio al paesino calabrese così duramente colpito.
Molti intellettuali, tra i quali Ernesto Treccani, il figlio del
fondatore della celebre enciclopedia e valente pittore, scesero in
Calabria e si schierarono a fianco dei braccianti e dei contadini.
Il Partito comunista italiano candidò e fece eleggere sindaco di
Melissa uno dei suoi dirigenti nazionale più prestigiosi,
l'intellettuale reggino Mario Alicata. Fu anche grazie al
lavoro ed all'impegno di questi uomini, assieme a quello del
ministro dell'Agricoltura, il cosentino Fausto Gullo, di
Francesco Spezzano, e di altri dirigenti politici e sindacali che fu
possibile vincere questa importante battaglia.
Ernesto Treccani
(col basco nero) a Cerenzia davanti al suo monumento alla
raccoglitrice di olive
Molto ci sarebbe ancora da fare per portare
l'antico Marchesato ai livelli di sviluppo di altre aree più
fortunate d'Italia e d'Europa: da una ferrovia degna di questo nome
ad una rete viaria moderna ed efficiente, alla realizzazione di
altre importanti infrastrutture e servizi in modo da stimolare
l'imprenditorialità locale, ma, evidentemente, lo sviluppo
del Mezzogiorno è l'ultimo dei pensieri dei governanti. Ancora e
sempre "Cristo si è fermato a Eboli."
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