Il
territorio di Caccuri, sin dall’età medioevale fu compreso
nell’area latina della Calabria che, successivamente coincise con la
Calabria citeriore (Calabria Citra flumen Nhetum) la Calabria al di qua
del fiume Neto per distinguerla dalla Calabria Ultra, dall’altra parte
del fiume.
In epoca normanno –
sveva era compreso nel giustizierato
Vallis Gratae et Terra Jordanae che si spingeva fino a Catanzaro
che ne faceva parte anch’essa. Poi nel 1280, poiché l’estensione
del giustizierato meridionale era di molto inferiore a quello
settentrionale, si procedette a una ridefinizione dei confini con
l’annessione del Catanzarese e del Crotonese al giustizierato
meridionale dando origine di fatto alle due Calabrie. Caccuri rimase per
il momento nella giurisdizione della Calabria Citra e con l’ordinamento
amministrativo della Repubblica Partenopea fu compresa nel Cantone di
Cotrone.
Con la legge
francese del 19 gennaio del 1807 divenne un’università del governo di
San Giovanni in Fiore, ma nel 1816, col ritorno dei Borbone e con la
nascita del Regno delle due Sicilie in virtù della legge del 1 maggio
dello stesso anno fu staccata da Cosenza e assegnata a Catanzaro nel
Circondario di Umbriatico, paese nel quale risiedeva, fra l’altro,
anche il giudice regio.1
Quest’ultima legge entrò in vigore il 1 gennaio del 1817.
La lunga permanenza nella
giurisdizione della Calabria Citra permeò la lingua e la cultura dei
suoi abitanti. A Caccuri e nei paesi vicini, soprattutto in quelli della
sponda destra del Lese prevalse una lingua che ha origine da vernacolo
napoletano a differenza della Calabria ultra nella quale la lingua
parlata ha origini siciliane. La cosa fu notata anche dal linguista
Gerhald Rolfs che condusse lunghi e approfonditi studi sui dialetti
calabresi. Una delle differenze più profonde consiste nell’assenza
del nostro idioma, come di tutti i dialetti che si rifanno al napoletano
– cosentino, del passato remoto, presente, invece nei dialetti della
Calabria meridionale nei quali è il passato prossimo a essere
praticamente assente. L’uso del cosentino, inoltre, si impose anche
per la presenza nella popolazione caccurese di moltissimi oriundi dei
casali della “capitale del Bruzio”, presenza che si accrebbe
ulteriormente nel XIX e nel XX secolo quando il barone Gugliemo Baracco
si stabilì a Caccuri richiamandovi amministratori, magazzinieri,
soprastanti, maestranze e servitù di palazzo originari del cosentino.
Purtroppo capitò tra loro anche qualche celebre brigante come Andrea
Intrieri e il nipote Filippo Pellegrini le cui bande, composte anche da
elementi caccuresi come il feroce Giambattista Secreto detto Titta, che
scorrazzavano e terrorizzavano le nostre contrade, furono poi sgominate
dalla guarda urbana del nostro paese.
Per questi motivi,
oltre che morfologicamente e sintatticamente, anche l’accento il
dialetto caccurese è molto simile a quello di alcuni paesi della provincia di
Cosenza come, tanto per citarne uno, Luzzi che pure dista da noi una
novantina di chilometri, mentre, stranamente, è molto diverso da quello della vicina
San Giovanni in Fiore la cui popolazione, fra l 'altro, è in gran parte di origine
caccurese a seguito dei benefici concessi dall’abate Rota ai caccuresi
e ai cerentinesi che si trasferivano nella cittadina florense in virtù
di un diploma dell’imperatore Carlo V cosa testimoniata anche da molti cognomi
sangiovannesi come Oliverio, De Luca, Pignanelli, Gerimonte, Secreti
(originariamente Secreto).
1)
G. Valente Dizionario
dei luoghi della Calabria, Ed,
Framas’, Chiaravalle
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