Le
origini del culto caccurese di San Rocco di Montpellier sono incerte,
così come incerta è l’epoca di costruzione della chiesetta che
ospita la statua del patrono. Potrebbero risalire al XVI secolo e più
precisamente agli anni 1656 - 1658 quando
le province meridionali del Regno di Napoli furono colpite da una
pestilenza provocò migliaia di morti, ma è solo una supposizione. Quel
che è certo che la chiesetta nel 1855 si trovava in uno stato di
estremo degrado e inagibile per cui
fu interessata da un intervento di restauro a cura del Comune il
che lascia supporre che fosse vecchia già di qualche secolo.
Anche sulla festa del patrono non si hanno notizie antecedenti il
XIX secolo e la prima data certa è quella del 1880 quando il consiglio
comunale e il sindaco del tempo, Vincenzo Ambrosio, con una delibera del
10 aprile istituirono una fiera del bestiame “da tenersi nei giorni
dal 13 al 16 agosto nei pressi
della chiesa, in occasione della festa di San Rocco.”
Col passare degli anni però, il centro commerciale più
importante della zona divenne San Giovanni in Fiore e, ben
presto, la fiera caccurese perse sempre più importanza fino a sparire
del tutto.
Nel XX° secolo la
festa di San Rocco assunse sempre più carattere ricreativo, anche
se l'aspetto commerciale, seppur in misura ridotta, continuava a
caratterizzare la ricorrenza soprattutto per la presenza delle
"bancarelle" dei negozianti del luogo (putigari) che vendevano
prevalentemente giocattoli e dolciumi e che facevano la gioia dei
bimbi del tempo. In occasione del ferragosto poi arrivava anche
"Don Serafino", un vecchio "giostraio" col suo
tiro a segno, il suo fucile ad aria compressa, i suoi bersagli sui quali
i giovani provavano la loro abilità di tiratori, mentre più in là, il
solito furbastro di turno "carduliava", come ebbe a dire il
poeta Lafortuna in una sua lirica, col gioco delle tre carte, "i
citrullI" che si lasciavano infinocchiare da lui. Uno
dei ninnoli più ricercati dai fanciulli, assieme alle pistole e alle
macchinine erano le "Zampugnelle", palloncini che si
gonfiavano con il fiato e , quando si sgonfiavano, l'aria contenuta al
loro interno faceva vibrare una lamina metallica collocata sul tubetto
utilizzato per gonfiarli che emetteva un caratteristico suono
prolungato. Quel suono ha rappresentato per decenni la
"colonna sonora" dei festeggiamenti di "menzagustu",
come venivano definite le feste di Ferragosto e di San Rocco dai
caccuresi. Ma ecco come lo stesso Lafortuna descrive,
in un'altra composizione, la festa del patrono.
Parmarinu
Mustazzi
janchi, longhi, russu ‘e faccia
A pippa sempre ‘mmucca, Parmarinu
Era amicu du vinu
E le piacia’ la caccia.
Era
maritu de la Sparadesta
Ch’a menz’agustu o puru pe’ la festa
De santu Roccu vinnia’ pupicchjie
Cu le manuzze nfrancu e senza aricchjie.
Pupe
cull’ovu e zuccaru ngrispate
E d’amurella russe culurate.
Mo le pupicchjie nun se fannu cchjiu
Duv’è la festa, mu sa dire tu?
U santu è sempre chillu e ha bicinu
U stessu cane, ma ‘un c’è Parmarinu
‘Un c’è la mugliere, a Sparadesta
Ed è canciata ‘a festa.
I momenti più caratteristici della festa, a parte la liturgia,
le novene, la veglia di preghiera notturna della vigilia erano la
processione per le strade del paese, i giochi popolari fra i quale “
‘A gare ‘e ri ciucci” (La corsa degli asini dalla località
Canalaci in piazza, il tiro
al bersaglio nel quale si esercitavano i caccuresi, l’esibizione di un
complesso bandistico, fino alla fine degli anni ’50 del secolo scorso,
e i fuochi pirotecnici.
La processione, monto
sentita, richiamava a Caccuri centinaia di persone della vicina Cotronei
i cui cittadini si mostravano particolarmente devoti del santo.
A partire dai primi
anni ’60 i complessi bandistici che eseguivano sinfonie e romanze del
melodramma italiano furono sostituiti da cantanti e da gruppi musicali
monto noti. Si cominciò con Sonia e le sorelle, poi fu la volta di
artisti come Mino Reitano, Ombretta Colli, I Dik Dik, Nada, Riccardo
Fogli, La Formula Tre, Mariella Nava, I nuovi angeli e tanti altri
ancora che risulta difficile elencare. Da qualche anno, per una sorta di
austerità sono scomparsi i grandi nomi, forse anche per la crisi dei
complessi e della musica leggera italiana, ma le serate musicali si
svolgono regolarmente.
La festa di San Rocco
veniva e viene anche adesso chiusa dai fuochi pirotecnici. Nella
prima metà del secolo scorso i fuochisti che deliziavano gli occhi dei
cittadini e dei fedeli erano i fratelli Fodero, originari di Belcastro,
ma trapiantati a Caccuri o la ditta Speziale di
Castelsilano. Attualmente a illuminare con cascate di fuoco e
stelle filanti la notte del 16 agosto sono ditte di altre zone della
Calabria. Recentemente pare che la tradizionale che si svolgeva da
almeno un secolo sul piazzale della chiesa in contrada Vignali sui stata
spostata in piazza alla fine o in una pausa del concerto della sera del
16 e prima dei fuochi pirotecnici.
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