Il 21 aprile 1919, giorno di Pasquetta, in un locale del Convento di
proprietà di donna Luisa Lucente, 75 reduci della Grande guerra
caccuresi fondano la sezione locale dell' Opera Nazionale Combattenti,
un ente assistenziale fondato mentre ancora il conflitto era in corso
dal ministro del Tesoro Francesco Saverio Nitti e di Alberto
Beneduce. Tre loro il sacerdote Giuseppe Sabatino Pitaro, più noto come
don Peppino, il grande invalido Pietro De Mare, il fabbro Peppino
Gigliotti e il muratore Enrico Pasculli che ne saranno i
dirigenti. Tra i principali obiettivi che gli ex combattenti si
prefiggono c'è quello della conquista delle terre che il governo e monarca avevano più volte promesse durante il conflitto per risollevare
il morale delle truppe e mandarle al macello con un minimo di entusiasmo
per cui, già qualche minuto dopo l'inizio dei lavori la riunione fu
interrotta dai carabinieri che portarono in caserma il Gigliotti e
il De Mare col chiaro intento di intimidirli per conto degli
agrari. Il tentativo non ebbe successo, come non ebbero successo
quelli successivi e le continue provocazioni dei proprietari, spesso
usurpatori di terreni demaniali gravati da usi civici.
Per garantire alla Sezione l'appoggio di uomini
politici influenti don Peppino Pitaro, esponente del Partito Popolare e
amico personale di don Luigi Sturzo e di Giovanni Gronchi. convince
dirigenti e iscritti ad appoggiare, alle elezioni del 1921 il medico
calabrese, prof. Antonino Anili che fu prima sottosegretario, poi
ministro alla pubblica istruzione nei due governi Facta. Gli scontri tra
combattenti reduci e manutengoli degli agrari diventano sempre più
frequenti e spesso sfociano in risse furibonde, mentre i grandi
proprietari ricorrono a mezzi al limite della legalità per cercare di
vanificare il lavoro della sezione. Finalmente, grazie all'aiuto del
professore lucano Gaetano Briganti, allievo di Nitti e
collaboratore di Giustino Fortunato, e dell'avvocato La Marca
riuscirono a ottenere la concessione delle tanto agognate terre in
virtù del decreto Visocchi.
Ai reduci caccuresi vengono concessi 462,56 ha, circa
l'8% dell'intero territorio del comune, quasi tutti in terreni marginali
e poco produttivi, ma che avviano un incerto processo di sviluppo
economico che abortirà dopo qualche anno quando i contadini si
renderanno conto che la terra arida e sterile loro concessa a prezzo di
dure lotte, non dà di che vivere.
Nella parte centrale della foto in alto potete vedere la prima
pagina dell'elenco di tutti gli assegnatari col numero delle particelle
frazionate assegnate, l'estensione delle singole quote e la località.
Da questo importante documento apprendiamo che i combattenti che
ottennero una o più quote furono in totale 121 e che gli appezzamenti
erano ubicati nelle contrade Amari, Pantane, Santo Iannelli, Cucco, e
Terzo del vescovo.
Per ottenere le terre i combattenti dovettero pagare in
totale 300.000 lire che don Pitaro riesce a raccogliere grazie a
prestiti privati dei signori De Luca, del notaio don Andrea Romeo e da
un certo Marra. La somma fu consegnata nel febbraio del 1924 a Napoli,
al professore Briganti che agiva per conto dell'Opera Nazionale, da don
Peppino Pitaro, Peppino Gigliotti e Enrico Pasculli dopo una serie
di peripezie e un rischioso viaggio. Qualche minuto prima i tre
dirigenti dei combattenti si erano imbattuti, proprio sull' uscio, in
uno degli agrari caccuresi accompagnato dai dal federale ing.
Bianchi federale e dal segretario fascista di Crotone Cosentino giunti a
Napoli con l'evidente intento di impedire che l'operazione andasse in
porto.
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