L'INGENUO RE COREMME


     Longobucco, la ridente cittadina della Sila greca è conosciuta anche come la terra dei briganti annoverando fra i suoi cittadini tre famosi “fuorilegge”: Domenico Straface detto Palma, Faccione e Antonio Santoro detto Re Coremme.
   Di Faccione e di Palma si parla spesso, soprattutto da qualche anno con la riscoperta della vera storia dell'unità d'Italia grazie al lavoro certosino e non facile di centinaia di ricercatori impegnati a ristabilire la verità storica sull’aggressione proditoria, la conquista e la colonizzazione piemontese dell’ex Regno delle due Sicilie, mentre di Re Coremme e dei tanti compagni di lotta contro l’occupazione francese del Regno agli inizia del XIX secolo come Panedigrano, al secolo Nicola Gualtieri, Francatrippa, il pedacese Giacomo Pisano, Parafante, Paolo Mancuso da Scigliano un po’ meno, probabilmente perché l’occupazione francese si concluse poi con la riconquista del trono da parte di Ferdinando IV e la triste fine di Gioacchino Murat. Eppure furono personaggi di primo piano che diedero un notevole contributo alla lotta contro un invasore che non era meno odiato dei piemontesi. In particolare Francatrippa e Re Coremme seppero dimostrarsi anche abili strateghi in grado di dare più volte scacco alla potentissima armata di Massena e di Reynier.
   Re Coremme ebbe dal re il grado di tenente colonnello, anche se per un vezzo tipico di questi personaggi, si faceva chiamare generale e si distinse in particolare per due episodi: la presa di “Cotrone” nel 1807 e la conquista di Belvedere di Spinello con la messa in fuga delle truppe al comando del tenente colonnello della guardia civica Giulianetti, ma già l’anno prima, a Frascineto, attaccò l’esercito di Massena subendo però una inevitabile sconfitta. Poco dopo partecipò attivamente alla difesa di Amantea dando filo da torcere ai francesi per 37 giorni prima di capitolare.
   Re Corenne avrebbe potuto continuare a lungo la sua personale battaglia contro gli invasoti, ma commise l’errore tipico di moLti rivoluzionari, quello ciò, di inimicarsi “i gattopardi”, quelli che “se vogliamo che niente cambi, tutto deve cambiare”, purché nessuno si sogni di toccare i loro beni, i loro privilegi, il frutto dei loro furti e delle loro prepotenze. Così, in occasione della presa di Crotone, costrinse la nobiltà a versare 4.000 ducati  alla causa, un salasso intollerabile per i signorotti che se ne lagnarono con le autorità.  Così il feroce nemico dei francesi fu destituito, arrestato e condotto in Sicilia da dove non fece mai più ritorno.
    Mai toccare i potenti; cambiano i regnanti, i governi, le costituzioni, ma i padroni niente non si toccano.