Briganti caccuresi |
Nel corso dei primi decenni del XIX secolo vissero ed operarono a Caccuri molti feroci briganti, alcuni originari di paesi del Cosentino o di altre zone della Calabria, altri nati e vissuti nel nostro paese da famiglie del luogo. Le loro gesta sono pubblicati nel mio saggio Cronache di poveri briganti - Il brigantaggio nel XIX secolo a Caccuri e dintorni, ed. Pubblisfera, S. Giovanni in Fiore 2003 da tempo esaurito. Per questo motivo, credendo di fare cosa gradita ai tanti amici che ancora mi chiedono una copia del libro, ho deciso di riportare su queste pagine le biografie dei più noti. Salvatore Secreto, alias Titta
Salvatore Secreto, alias Titta fu senza dubbio il più feroce e
determinato brigante caccurese. Nacque a Caccuri il 4 luglio del 1824
da Saverio e da Domenica Mele. Rosario Iesu, alias Panazzu
Rosario Iesu detto Panazzu nacque a Caccuri nel 1809 da Pietro, parente
di Francesco, un giovane gendarme caccurese che era diventato brigante
e aggregatosi alle orde di Parafante per sfuggire alla condanna che gli
sarebbe stata senza'altro inflitta per aver ucciso un compaesano per
legittima difesa, condanna che subì successivamente pur essendosi
costituito alle autorità su consiglio del suo capitano per cui fu
fucilato,
Andrea Lacaria Andrea Lacaria, grassatore e razziatore, nacque a Caccuri il 9 maggio del 1829 da Saverio e da Teresa Oliverio. Assieme a Vincenzo Miliè seguì il brigante Filippo Pellegrino alla macchia. Venne catturato assieme al suo capo il 20 luglio del 1848 a Ombraleone dalla Guardia urbana di Caccuri al comando di Luigi De Franco e Vincenzo Ambrosio. Prima di arrendersi ferì con una coltellata alla coscia il capo sezione Bruno Lamanna e poi tentò la fuga, ma venne acciuffato e sopraffatto dalle guardie. Al processo, celebratosi poco tempo dopo, emerse che aveva più volte razziato bestiame e rubato oggetti di valore sostenendo che questa era la volontà del governo e gli ordini del generale Nunziante. Uno dei proprietari maggiormente presi di mira dal Lacaria era il barone Barracco al quale sottrasse numerosi ovini e maiali che poi macellava. Rocco Perri Più che un brigante vero e proprio, Rocco Perri fu un ribelle che aveva in odio le autorità, soprattutto quelle piemontesi. Partecipò, assieme ad altri caccuresi, alla rivolta del 7 luglio del 1861 e, forse, anche all'agguato del 16 dello stesso mese che costò la vita a quattro guardie doganali. Il 4 agosto dello stesso anno, approfittando dell'amnistia concessa dal generale Della Chiesa, sì presentò al sindaco di Caccuri ed evitò altri guai, ma tre anni dopo, nell'aprile del 1864, armato di accetta, fu uno dei protagonisti della rivolta del sale a Basalicò che si concluse con un morto e un ferito grave tra i rivoltosi. Per quest'ultimo reato fu arrestato insieme ad altri sette e processato. Salvatore Manfreda Salvatore Manfreda, forese nato nel 1833, si unì ad una pericolosa banda della quale facevano parte briganti di Strangoli, Casabona e Rocca di Neto. La banda si macchiò di numerosi delitti e commise molti misfatti che portarono alla condanna di quasi tutti i componenti a pene detentive molto dure, compresi i lavori forzati a vita. Il processo, in Corte d'assise, ebbe inizio il 5 aprile del 1866. Il brigante caccurese fu accusato di "congiurare contro la forma di governo e suscitare la guerra civile tra i regnicoli inducendoli ad armarsi per portare la devastazione e la strage contro una classe di persone, di depredazione di beni dello Stato commessi in banda armata organizzata, sotto il comando di determinati capi in Strongoli, Casabona, Rocca di Neto e Belvedere Spinello, di distruzione degli archivi municipali di Strongoli e di Belvedere Spinello, di saccheggi e furti vari, di ribellione, riunione armata e oltraggio contro la forza pubblica." '" Una sfilza di reati che, se provati, avrebbero comportato una condanna a lunghi anni di lavori forzati. Al processo, però, venne riconosciuto colpevole del solo saccheggio, perpetrato in Rocca di Neto l'il e 12 luglio del 1862, in danno di un certo Pasquale Marrajeni al quale il Manfreda, assieme ad un altro manigoldo, sottrasse beni e danaro per un valore di oltre 100 lire. Gli vennero, però, riconosciute le circostanze attenuanti e se la cavò con soli cinque anni di carcere. Prima di chiudere ritengo giusto riportare anche la biografia del celebre Zirricu, un brigante sangiovannese che, però, visse a lungo a Caccuri, nella zona di Caccuri compì numerose scorrerie e a Eido, agro di Caccuri, finì la sua carriera criminale. Giovanni Cosco, alias Zirricu Giovanni Cosco, alias
Zirricu, fu un feroce brigante. Assieme alla sua banda, infestò
il territorio caccurese nel periodo compreso tra il 1860 e il 1868,
anno della sua morte. Nato a San Giovanni in Fiore nel 1830 da
Pasquale, un onesto contadino, si stabilì a Cerenzia dopo il
matrimonio con Isabella Grande. Datosi alla macchia, divenne un celebre
grassatore che si accompagnava ad altri scellerati tra i quali Giuseppe
Gallo, detto Chillino. I due risultano coimputati, nel 1866, in un
processo per grassazione. Zirricu e Chillino si resero,
protagonisti di un’aggressione ai danni di quattro mulattieri di
Aprigliano, Bruno Miglio, Carmine Ciacco, Pasquale Lepera e Stefano
Crivaro in contrada Bordò la sera del 14 maggio 1866. I mulattieri,
che provenivano da Papanice con i muli carichi di formaggio, ricotte e
lana, stavano facendo rientro al loro paese. I due masnadieri,
appartenenti alla banda di Antonio Gallo, alias Serra di San Giovanni
in Fiore, armati di fucile, riuscirono a sorprenderli e li spogliarono
di ogni cosa. Il bottino razziato consisteva in 43 forme di formaggi e
20 ricotte del valore complessivo di 320 lire e di un carico di lana
del valore di 200 lire. Uno dei malfattori, (presumibilmente il Cosco),
dall’età apparente di 35 anni, vestiva calzoni corti e giacca,
lunghi calzettoni di lana bianca e scarpe “all’italiana”.
Circa due mesi dopo,
precisamente la notte del 22 luglio 1866, la banda, della quale
facevano parte anche Giovanni Oliverio, alias Cicogna, Antonio
Oliverio, alias Cicigna e i fratelli Cucinarello, sequestrò, in
contrada San Lorenzo, il possidente Ignazio Brisinda di Casino
(Castelsilano). Il Brisinda, che tornava a Casino da
Pallagorio, venne affrontato da un malfattore armato di pistola.
Probabilmente ebbe un gesto di reazione che innervosì il malvivente
che gli esplose contro un colpo di pistola senza colpirlo. A questo
punto intervennero i complici che lo sequestrarono , lo portarono a San
Giovanni in Fiore e lo rinchiusero in un casolare di campagna di
proprietà di un certo Francesco De Simone. Nella stesa notte lo
trasferirono in un altro casolare vicino di proprietà di Biagio
Fergiano e Domenico Ferrise dove lo legarono. Poi decisero di
trasferirlo, nella stessa notte, in Sila , ma giunti in località
Colla, approfittando di un attimo di distrazione dei briganti, il
sequestrato riuscì a fuggire. Allora i fuorilegge gli esplosero contro
numerosi colpi di fucile, ma non riuscirono a colpirlo. La
mattina del 23 la Guardia nazionale di Casino effettuò una
perquisizione e, in uno dei casolari, rinvenne una carabina. Poco tempo
dopo l’intera banda venne catturata e il giorno 11 febbraio del 1867
i detenuti, interrogati dal giudice istruttore, negarono ogni
addebito. Il 20 dello stesso mese, lo stesso giudice formalizzò
i capi di imputazione nei confronti dei sospettati accusandoli
anche di grassazione in danno di Giuseppe Mauro e Giuseppe Fabiano,
cittadini di Casino, avvenuta il 17 agosto del 1866. Negli anni successivi la
banda venne sgominata. Giovanni Cosco, alias Zirricu e Antonio Gallo,
alias Serra, il capobanda, mentre erano in attesa di essere trasferiti
nelle carceri di Cosenza, il 28 febbraio del 1868 evasero dalla camera
di sicurezza di Soneria Mannelli. Il Gallo fu riacciuffato il 12
aprile dalla Guardia Nazionale. Mentre lo traducevano a San Giovanni in
Fiore, tento di scappare, ma lo freddarono con una scarica di fucilate
nella schiena. Zirricu continuò la sua carriera di brigante ancora per
qualche mese, il 10 ottobre del 1868, a Eydo, fu ucciso in un conflitto
a fuoco con la guardia nazionale. Tra le tante altre
scellerate imprese attribuite a questo malfattore si racconta di una
persecuzione spietata, quanto ingiustificata, nei confronti di una
povera donna di Caccuri, Angela Pepe, abitante nel rione Portapiccola,
accusata dal brigante di maltrattare la figlioletta della quale, il
malfattore, si ergeva, non si sa perché, a difensore (forse perché la
riteneva il frutto di una sua precedente violenza ai danni della
donna). Fu proprio la povera Angela, esasperata dalla prepotenza del
brigante, a predirgli la triste che avrebbe fatto di lì a poco. A Zirricu, la tradizione
popolare attribuisce un episodio davvero raccapricciante che, però,
farebbe pensare più ad una leggenda che a un fatto realmente accaduto.
Pare che una volta lui e la sua banda venissero intercettati dalla
Guardia urbana di Caccuri a San Biagio, nei pressi della ”chiesiula”.
Nel corso dell’inevitabile scontro a fuoco, nel tentativo di
sottrarsi alla cattura, uno dei masnadieri, mentre correva, cadde e si
ruppe una gamba. Il malvivente si mise allora ad urlare invocando l’aiuto
dei compagni. Ad un tratto Zirricu sbucò dalla boscaglia e, veloce
come il fulmine, con un’enorme scure, gli troncò di netto la testa,
la infilò in un sacco e si dileguò con la stessa rapidità con la
quale era apparso. Tutto ciò, evidentemente, per impedire l’arresto
del brigante ferito, una eventuale sua delazione, ma anche l’identificazione
da morto e le possibili vendette nei confronti della famiglia da parte
di qualche vittima delle imprese scellerate della banda. Zirricu, come tutti
i capi banda dell’epoca, aveva un debole per le belle donne. Una
volta, un marito tradito, sorprese gli amanti in località Valle del
Papa, ma, non avendo il coraggio di affrontare il taglia gole a viso
aperto per paura della sua reazione, si limitò a sottrargli di
soppiatto i vestiti lasciandolo completamente nudo e credendo, in tal
modo, di metterlo in serie difficoltà. E, in effetti, il bandito ebbe
non poche difficoltà a recuperare qualcosa da mettersi addosso, ma
alla fine ci riuscì con l’aiuto di un pastore. La cosa lo turbò a
tal punto che da allora aggiunse alle sue mansioni di capo banda, anche
quelle di procurare e distribuire personalmente ai suoi compagni i capi
di abbigliamento. L’episodio fu raccontato da Angelo Raffaele Secreto
(Velociu) in una farsa. Il 10 ottobre del 1868,
alle ore 21, il Cosco venne ucciso, nel bosco di Eydo . Secondo la
tradizione popolare, in contrasto con la versione dei carabinieri,
Zirricu fu ucciso, dal macellaio caccurese Tommaso Secreto, detto
Pintisciolle. Il Secreto, un omone corpulento e massiccio, era nato a
Caccuri il 30 marzo del 1838 da Giuseppe Secreto e da Costanza
Gigliotti. A portare la notizia in comune furono il calzolaio Pasquale
Fazio e il figlio Domenico. Il giustiziere di Zirricu aveva sposato una
donna di nome Filomena Barolo dalla quale ebbe una figlia,
Matilde, moglie del calzolaio Filippo Prete e madre di Serafina e
Tommaso Prete (Fabi) scomparsi qualche anno fa. Secondo la
tradizione il Secreto, compare e amico di Zirricu, riuscì a
sorprenderlo e a legarlo. Gli recise poi, il capo con esasperante
lentezza e, alle grida di dolore e di raccapriccio del brigante pare
esclamasse con sadica ferocia: “Compari mio, cumu si’ sisitu!”,
“Compare mio come sei refrattario al dolore!”. Compiuta l’operazione,
il macellaio infilzò la testa mossa a una pertica e la portò
trionfalmente a Caccuri ove venne esposta in piazza Umberto a monito
degli altri grassatori. Il Secreto, poi, pare abbia organizzato una sorta di “trionfo” per le vie del paese. Al suono dei tamburi suonati dai fratelli Olivito e tra frizzi e lazzi delle guardie urbane, il macabro trofeo fece il giro del centro abitato. La cosa provocò, oltre alla gioia della popolazione che si era liberata per sempre di un feroce criminale, anche tanto orrore. Una donna incinta, moglie di un certo Crivaro, alla vista dell’orrido spettacolo svenne e abortì. La cosa provocò l’odio del marito nei confronti del Secreto, ritenuto il responsabile della perdita del figlio.
Tratto da G.
Marino,
Cronache
di poveri briganti - Il brigantaggio nel XIX secolo a Caccuri e
dintorni, ed. Pubblisfera, S. Giovanni in Fiore 2003
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