GUGLIELMO E GIULIA BARRACCO
 

 



   I due personaggi che compaiono in questo collage ebbero un granDe e determinante ruolo nella storia sociale, politica e urbanistica della Caccuri del XIX secolo. Si tratta del barone Guglielmo Barracco e della moglie, nonché nipote, Giulia Barracco.
    Guglielmo Barracco nacque nel 1838 da Luigi e da Maria Chiara Lucifero dei baroni di Aprigliano. Era fratello di Alfonso, padre di Giulia e di Giovanni che fu senatore del Regno, deputato per ben 7 legislature, alpinista (fu il primo italiano ad arrivare in vetta al Monte Bianco e al Monte Rosa) e uno dei fondatori del CAI (Club Alpino Italiano) insieme a Quintino Sella.  A Guglielmo, forse anche perché senza figli,  toccò il territorio caccurese coincidente più o meno con quello che era stato l'antico feudo dei Cavalcante dell'estensione di 4.571 tomolate (circa 1500 ha), compreso il palazzo ducale che era stato comprato nel 1830 dalla sua famiglia da  Rachele Ceva Grimaldi dei marchesi di  Pietracatella. Don Guglielmo e donna Giulia furono molto attaccati a Caccuri e decisero di farne la loro residenza. Così il barone, che nel 1874 fu eletto sindaco del paese, carica che mantenne fino al 1888, non solo avviò una serie di opere pubbliche tra le quali la fontana di Canalaci del 1884, ma fece costruire anche le Canalette, l'acquedotto rurale di Eido a imitazione dei quelli romani, le mura di recinto della sua vigna di Rittusa delle quali rimangono solo alcuni resti e la fontana di Eido del 1896.
   Negli anni '80 del XIX secolo mise mano all'antico palazzo ducale che fu largamente rimaneggiato e al terreno circostante che divenne uno dei più bei giardini del Crotonese (attuale villa comunale). In quegli anni, infatti, il barone decise di dotare il palazzo di servizi igienici moderni e soprattutto di acqua corrente. Cosi fece erigere sul lato ovest, a fianco di uno spuntone di arenaria alto quanto lo stesso palazzo, una grande cisterna di accumulo di acqua attinta dall'acquedotto che alimentava le fontane pubbliche del paese. Questo serbatoio, che svettava oltre il tetto del palazzo, era però esteticamente un obbrobrio per cui si pose il problema si mascherarlo in qualche modo.  Così incarico del lavoro un architetto napoletano, il cav. Adolfo Mastrigli il quale si inventò un bastione e una torre cilindrica merlata all'interno della quale rinchiuse la cisterna trasformando il palazzo nell'imitazione di un antico maniero che da allora (1885) prese il nome di castello. Nello stesso periodo fu realizzato, come già detto il parco con fontane e giochi d'acqua,  la messa a dimora di centinaia di pini e un orto botanico curato nei primi decenni del XX secolo da Vincenzo Parrotta (Chiarolu).
   Mentre erano in corso questi imponenti lavori la baronessa notò che vicino al palazzo svolazzavano centinaia di passeri e altri uccelli e penso che avvicinandosi alla torre avrebbero  potuto avere set Allora pregò gli operai di murare nello spuntone roccioso che gareggiava in altezza con la torre stessa, un catino (bacile) di colore turchino all'interno del quale da un tubicino cadeva ogni tanto una goccia d'acqua per dissetare i pennuti. Essendo per metà murato nella roccia, dal basso sembrava una mezza luna per cui da allora questa stupenda formazione fu ribattezzata la "Mezzaluna", nome che conserva tuttora, nonostante il catino non esista più perché quella che era una delle formazioni di arenaria più belle di questo sfortunato paese fu incredibilmente capitozzata negli anni '70 dello scorso secolo.
   Dopo la morte del marito, nel 1899, donna Giulia, nel 1919 donò la collina dell'annunziata al Comune di Caccuri assieme al terreno compreso tra l'ex chiesa di San Marco e le proprietà dei fratelli Ambrosio (Campo e Prato) perché fosse lottizzato e assegnato ai reduci combattenti della Grande guerra per costruirsi nuove e più salubri case. Nacque così il rione Croci che negli anni '60 del Novecento si estese selvaggiamente e in modo scriteriato anche nella contrada Prato.