Sara Secreti
                                                                  

                                                                  
Ho avuto, qualche giorno fa,  l'opportunità ed il piacere di leggere alcune liriche di Sara Secreti che sono inserite  nella raccolta "Cuore di carta" pubblicato on line. Si tratta di poesie fragili e nel contempo forti, semplici, ma complesse, caratterizzate da un continuo riflettere sulla vita e sul suo lento ed inesorabile fluire, "un presente che ci scivola dalle mani nel momento stesso in cui lo stiamo vivendo" ma che, comunque 
è "un cinico fautore di sventure, che sopraggiungono prima o poi", una vita spesso cattiva, ironica e beffarda che ci procura angoscia e dolore , come la perdita di una persona cara " 
"
In quello stesso anno
persi … senza pietà …
i miei tesori.
A brandelli
sul selciato
della mia vecchia casa … delle memorie …
lasciai
cadere
i cocci
dell’affettuosità … neppure li raccattai …"
ma che sa anche regalarci momenti di gioia e motivi per viverla, come la bellezza di un paesaggio lacustre 

Il lago
disteso
tra queste alture
verdeggianti di pini
sfavilla di tonalità … sulle sue sponde …
C’è aria di vita agreste … nell’atmosfera …
Le casette … ammassate come nei sogni …
fatte
di legno stagionato
hanno finestre
traboccanti di gerani.

o la dolcezza della maternità

Mi apre l’anima
quando sorride,
quando mi abbraccia,
quando mi chiama
balbettando … in pause scanzonate … mamma!

o, semplicemente, l'ascolto della  voce del vento, così intensa, cosi arcana, così  ricca di messaggi, così dolce per chi sa ascoltarla. 

Come su un pentagramma musicale
dalla chiave di violino
si intonano note,
crome ad 1/8,
minime e semi-minime
in concerto;
su una scala ascendente
e discendente.
Riconoscerai
in quei timbri di voce
se saprai ascoltare col cuore
la voce di tuo padre,
di tua madre,
di chi
per te
non c’è più.

Cosa sia per Sara la poesia ce lo dice lei stessa, con parole semplici, senza enfasi, senza, come direbbe Guccini, aspettarsi "applausi o fischi":

Mi piace usare le parole
senza mezzi termini,
per dar voce
a sentimenti,
emozioni e impressioni.
Non mi importa
di essere banale,
pungente,
sarcastica,
ironica
o invadente;
né di sbalordire,
sconcertare
o intimidire.
Mi importa
di scrivere e basta
perché sono uno spirito libero.

   Davvero una graditissima sorpresa questa di Sara che è riuscita, con questo suo lavoro, a commuoverci, appassionarci, farci riflettere, amare ancora di più la poesia in un momento nel quale,  un'umanità  distratta da ben altre preoccupazioni  ed egoismi, trova sempre meno tempo per gustare la bellezza di un verso o la purezza di un sentimento racchiuso in un "cuore di carta. "
  Sara è nata a Crotone nel 1978,  è cresciuta ad Acquafredda, una frazione di Caccuri, ma vive e lavora come insegnante in una scuola di San Giovanni in Fiore. Ha uno smisurato amore per i libri e per la letteratura ed una grande passione per le opere di Enzo Biagi ed Oriana Fallaci. 
                                               
Giuseppe Marino

“Ritornare bambina”.

Inaspettatamente
la corporatura
si rimpicciolisce,
si assumono profili
di bambina.
Tu
sei … dannatamente …
euforica
quando mi equivalgo
a te,
nei giochi,
nelle favole escogitate
cosi su due piedi …
Sorridi … quasi …
per prendermi in giro!
Meglio
impersonare
il ruolo … incomparabile …
di mamma.
Furibonda
protettiva
coccolante.
Senza però
perdere
l’aspirazione
di sentirsi
bambina
per sempre.

 

“Ricordi”.

Il presente
mi scivola
dalle mani
nel momento stesso
in cui lo sto vivendo.

Mordendo con i denti! …
Graffiando!
E’ un giocare
ad acchiapparsi con il tempo.
Beffardo
e  cinico fautore
di sventure,
che sopraggiungono
prima o poi.

Il trascorso
accantonato
nell’oblio,
ogni tanto … dalla sua angolazione …
mi fa l’occhiolino.
Si  identifica
con  un cenno,
un profumo,
una sensazione.
Riproducendo in fotocopie
frammenti di ricordi.

“Sul lago”.

Dai finestrini
dell’auto
si scorge
già lo scenario  di
Lorica
incantevole … nel suo genere …

Ora capisco
il motivo di quelle tele,
di quei pennelli
che ti portasti dietro
prima del pane … anche l’anima va sfamata …

Il lago
disteso
tra queste alture
verdeggianti di pini
sfavilla di tonalità … sulle sue sponde …
C’è aria di vita agreste … nell’atmosfera …
Le casette … ammassate come nei sogni …
fatte
di legno stagionato
hanno finestre
traboccanti di gerani.

E poi
quei negozietti di souvenir
ne rallegrano le vie,
qui puoi trovare
anche dei pezzi unici … artigianali …
ricchi di minuziosità
nel realizzarli.
Ti vien voglia
di viverci!
Un piccolo paradiso
scovato
tra una rigogliosa
vegetazione amazzonica.
Ogni cosa
è  autentica,
non compromessa
da mano d’uomo.
Le ore
di quel picnic
fuori porta
furono rapide.
Portammo a casa … il meglio di quel posto.
Un po’
di quella originalità
che mancava
sotto casa,
alla porta accanto.
Nel cuore
trattenemmo
la speranza
di ritornare.
Col medesimo zelo
che l’immigrato
possiede
per rientrare in patria.
Anche … unicamente …
per non sentire … addosso …
il fardello
di essere straniero
sopra il cuore.
Questa percezione
è  inequivocabile,
ogni qual volta
ti sfiorano … intimoriti …
con un’occhiata … veloce …
la figura.

“Mosaico di cielo”.

Le parvenze
di sottile e agile
bambina,
si muovono
tra le stanze
in penombra.
Con un’altra serenità
si affronta
la vita in due … più responsabilità
ma anche … più soddisfazioni.

Ogni giorno
scopre qualcosa di nuovo … di inaspettato …
mettendo a dura prova … la sua curiosità …
Lei si che sa
cosa sia … la felicità …
“la scoperta dell’incoscienza” …
amante
incondizionata … delle piccole cose.
Imparo
da lei … avendo dimenticato …
che volto hanno … le cose spicciole.
Mi apre l’anima
quando sorride,
quando mi abbraccia,
quando mi chiama
balbettando … in pause scanzonate … mamma!
Papà
quando eri solo un’idea,
ti dipinse su tela … magici quei colori …
ti rassomigliano!
Oggi … vera più che mai …
hai capelli d’angelo … color grano …
che scendono lungo le tempie,
gli occhi
si accendono
d’azzurro-mare … quando qualcuno ti guarda.
Certamente … dei geni incontrollati di mio padre …
avranno fatto pressione … sul corpo …
per essere il fiore dei tuoi occhi.
Lui era consapevole
che andavo matta
per i suoi occhi.
Almeno
la vita
bastarda (per certi versi …)
mi ha restituito
qualcosa
che gli apparteneva.

 

“Pause”.

Quando
le ore
si fanno piccole,
le palpebre
diventano pesanti.
Un velo
di opacità
si posa in direzione
delle sopracciglia
in dormiveglia.
La vita
diventa sottile,
si assopisce
persino
la natura
che sprizza energia
e vitalità da tutte le parti.

Ci vuole
una pausa,
un segno
d’interpunzione,
anche
per questo
grande dolore.

 

“Luna d’agosto”.

Si snoda in ultimo quarto
la luna d’agosto
dorme sui nostri cuori
nella sera delle lucciole,
dei desideri
e delle ambizioni.
Posizionata su di noi
segue la scia
dei nostri passi
sulla notte,
ne conosce misteri
e fattezze.
Sembra proprio
lo sguardo invisibile
di Dio
che si getta
sul mondo.
E’ la luce
che riflette maggiormente
come uno specchio … sullo sfondo lacustre
le mie nudità,
le mie imperfezioni
al femminile.
E’ una luna
che al contrario
ti fa invaghire
del giorno … clessidra a ore,
affinché
si compi il tuo ciclo vitale … di sopravvivenza
e quello di qualunque individuo,
sulla traiettoria
delle quattro stagioni della vita:
“infanzia,giovinezza,maturità,vecchiaia”.
Mi ritengo fortunata
di essere già a metà strada … tanti stroncati sul nascere.
Varia soltanto il modo
di sentirsi addosso la vita
per ciascuna età … o tempo.
Il suo intercedere … pressoché
d’equilibrista
sul filo dell’essere … a due passi dal nulla.
La si vede sul volto … tatuata in espressioni,
la si sente sul cuore … nell’intervallare
di gioie e dolori.

“Madre”.

Grembo
del mio nascere.
Solo io
divenni
per te vita.
Bacio
abbraccio
consolazione.
Sostegno avvenire
per la tua
senilità.
Gli altri
furono solo
angeli per Dio.
Sei per me,
quello che io
sono per te … un amore smisurato …
Sei la mia
madreperla,
mi raccolgo
a conchiglia in te.
Raggomitolandomi
sul mare della vita,
mentre le onde
vanno a cavalloni.
Speriamo
che mia figlia
raccolga i semi
del nostro raccolto.
E mi regali
soddisfazioni
nella vecchiezza.
Tanti
sono
i vecchi
dagli occhi tristi,
emarginati
orfani
di figli.

“Lettere d’amore”.

Furono
certamente
da te
accartocciate,
le mie
lettere d’amore … il dubbio di una vita …
Un tal gesto
di disinteresse … fredda noncuranza …
accartocciò … di pari passo …
prima i miei pensieri
e poi per ultimo … il cuore … l’anima …
raccolta a libro … in quelle pagine … cestinate …
Promisi a me stessa
di non scrivere
più per nessuno,
solo per me stessa.
Quello fu un inverno
tragico
senza di te.
Anche l’estate avvenire
non fu da meno,
morì
mio padre.
In quello stesso anno
persi … senza pietà …
i miei tesori.
A brandelli
sul selciato
della mia vecchia casa … delle memorie …
lasciai
cadere
i cocci
dell’affettuosità … neppure li raccattai …
Camminai
per un bel po’ … longilinea
senza cuore … senza sentimento,
e sugli allori … mancati …
continuai
il mio tragitto.

“L’eco del vento”.

Hai mai udito
tu
l’eco del vento?
E’ tutta una simulazione vocale
della natura.
Fischia
tra le spighe di grano secco
che si piegano al suo volere.
Gira a vortice finanche sui mulini a vento,
tra le canne
e l’alta marea dei papaveri in sboccio.
La campagna enigmatica
si mostra in bellezza
come in una cartolina.
Come su un pentagramma musicale
dalla chiave di violino
si intonano note,
crome ad 1/8,
minime e semi-minime
in concerto;
su una scala ascendente
e discendente.
Riconoscerai
in quei timbri di voce
se saprai ascoltare col cuore
la voce di tuo padre,
di tua madre,
di chi
per te
non c’è più.
Credo che sia la somma
di tante vite
che abitino
un’altra dimensione.

“Scrivere di poesia”.

Mi piace scrivere di poesia
poiché mi sento gonfia
a vela
di fantasie,
di immaginazioni,
di ideali,
di ispirazioni.
Vere e proprie
fantasticherie!
Considerato che la poesia
conosce logiche

che la ragione non conosce:
“le piccole ragioni del cuore”.
Barcamenarsi
in questo mare dell’esistenza,
per dare un senso
ad un mondo
che si agita
con esuberanza,
fuori e dentro di me.
Mi piace usare le parole
senza mezzi termini,
per dar voce
a sentimenti,
emozioni e impressioni.
Non mi importa
di essere banale,
pungente,
sarcastica,
ironica
o invadente;
né di sbalordire,
sconcertare
o intimidire.
Mi importa
di scrivere e basta
perché sono uno spirito libero.
Perché è sempre stato
il mio mestiere
migliore o peggiore,
secondo i punti di vista,
“il mio sogno nel cassetto”.
Mi piace intingere nei pensieri
non nei colori.
Mi piace parlare d’amore
e  non stroncare un cuore.
Mi piace finalmente
trovare un equilibrio,
una conciliazione
tra mente e cuore,
tra felicità e malinconia.                                                                            
Visto che la poesia
sa scandagliare ogni cuore.
Prima di tutt

il mio.
Cuore di donna
cuore di bambina
cuore di mamma.
Un cuor
che con gli anni
veste
mille metamorfosi.

 

“L’africa”.

Si tinge di colori
rosso-fuoco stamattina l’alba,
tuffata nel mare sembra essere un tutt’uno.
La marea mi ha già portato i suoi tesori dal mare,
conchiglie e stelle marine.
Il litorale dalle sabbie mobili
mi rammenta il Sahara,
uno spicchio di selvaggia africa.
Africa
terra senza confini,
savane
deserti sabbiosi
dune cuneiformi
pelle nera dal sapore cocente;
miseria
solitudine
abbandono.
Popoli devastati senza radici,
pochi i sopravvissuti a schiavitù.
Imbarcazioni di legno spinte dalla corrente,
in tanti hanno sfidato l’oceano
sono tornati senza fortuna
in mano una valigia rilegata a fili di spago
e speranze in frantumi.
Non fuggiamo lontano
la nostra africa è qui,
siamo i “suoi figli spuri
dalla pelle bianca”.

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