Vincenzo Gentile
 

                  V. Gentile, La Calabria strappata,  LibrArte Milano - Cosenza 2009

    Nei giorni scorsi ho finito di leggere un libro molto interessante di Vincenzo Gentile, storico sangiovannese, già assessore alla cultura della cittadina silana. E’ uno di quei libri che ogni calabrese, ogni meridionale dovrebbe assolutamente leggere per conoscere le sofferenze, le umiliazioni, i soprusi inferti alle popolazioni del Sud d’Italia; il sudore, le lacrime, il sangue versati da milioni di nostri connazionali e corregionali per migliorare le loro condizioni di vita e per cercare di assicurare ai figli un’esistenza migliore ,anche a costo di abbandonare per sempre la terra nella quale erano nati e vissuti e spesso anche gli affetti più cari  ed emigrare in mondi lontani, sconosciuti e ostili dove dovettero sopportare nuove umiliazioni, nuovi soprusi, nuova dura, pericolosa fatica, riconvertirsi da contadini in minatori.  Il libro, dall’emblematico titolo "La Calabria strappata”, ha per sottotitolo “L’emigrazione transoceanica dal sogno americano all’incubo di Monongah”.  Monongah è la famigerata cittadina del West Virginia, perennemente velata da una coltre di fumo proveniente da un cumulo di scarti della lavorazione di carbone che ardeva notte e giorno, nella quale il 6 dicembre del 1907 si verificò una delle più spaventose sciagure minerarie della storia che provocò la morte di diverse centinaia di minatori, moltissimi dei quali emigrati dell’Italia meridionale; 43 della sola San Giovanni in Fiore, 3 di Castrovillari, 4 di San Nicola dell’Alto, 2 di Gioiosa Ionica, 1 di Strongoli, 1 di Morano Calabro, 1 di Falerna, 1 di Caccuri, Francesco Loria. Si deve proprio al lavoro paziente, tenace, appassionato di Vincenzo Gentile se questa spaventosa tragedia, rimossa  dalla memoria perfino dai parenti dei caduti, è oggi conosciuta e studiata. A San Giovanni in Fiore esiste ancora un modo di dire che sta a significare: “ Non preoccuparti, non vado mica in un luogo di non ritorno”:  Para ca vaiu a Mironga?. Da questo labile indizio è partito Vincenzo, come un abile segugio,  per ricostruire negli anni passati, nei dettagli,  questa immane tragedia che poi è stata studiata da giornalisti e scrittori italiani e stranieri.  
     “La Calabria strappata”, comunque,  non ricostruisce solo questa tragica vicenda, ma tutta la storia dell’emigrazione sangiovannese e, di conseguenza,  anche quella del Meridione e delle stesse regioni del nord, luoghi quest’ultimi, dai quali il flusso migratorio, contrariamente a quanto poi avvenne al Sud,  era iniziato ben prima dell’Unità d’Italia e che, viceversa, dopo l’Unità subì un consistente rallentamento, mentre milioni di meridionali iniziarono a loro volta a solcare l’oceano. Nel libro, documentatissimo e costellato di note di riferimento che ci rimandano ad altri classici dell’emigrazione, vengono ricostruite anche le disumane condizioni di vita a bordo delle carrette del mare del tempo, alcune delle quali erano state utilizzate già al tempo della tratta degli schiavi, le epidemie di colera che spesso scoppiavano a bordo e che decimavano “la merce” stipata sottocoperta, in ambienti luridi, maleodoranti, carenti di areazione, con i poveri emigranti costretti a viaggiare in situazioni di promiscuità, a dormire vestiti e a sopportare disagi infiniti. Gentile ricostruisce infine molte tragedie scoppiate a bordo di questi piroscafi come quella del Carlo Raggio (epidemia di colera che provocò la morte di alcuni sangiovannesi), quella del naufragio dell’Utopia , la nave inglese della compagnia Anchor Line nelle acque di Gibilterra del 17 marzo 1891che provocò la morte di circa 600 emigranti, quasi tutti meridionali o quella della Sirio del 1906 che costò la vita a oltre 500 persone.
Purtroppo poco sembra essere cambiato a distanza di più di un secolo se anche oggi, nel Mediterraneo, davanti casa nostra, si verificano le stesse tragedie, con le stesse modalità che colpiscono ancora poveri disperati come poveri disperati erano i nostri nonni che cercavano la fortuna attraversando l’Atlantico.  Eppure ancora oggi dobbiamo assistere alle macabre esibizioni di qualche imbecille che si spinge a proporre di cannoneggiare queste carrette della morte o di prendere le impronte dei piedi degli immigrati come se fossero pericolosi animali selvatici.
    Davvero un bel saggio sull’emigrazione, questo pregevole volume dello storico silano, fra l’altro corredato di centinaia di foto 
e documenti, molti dei quali inediti o provenienti dagli album dei parenti degli antichi emigranti, un libro che ci fa risentire il dolore inferto nella carne viva del nostro popolo da secoli di malgoverno e di prepotenze
inaudite. 

                                       Giuseppe Marino