Mimmo Cavallo

Quando saremo fratelli uniti

       

Ho ascoltato  con molta attenzione le canzoni e letto con grande interesse i testi del  Cd di Mimmo Cavallo, "Quando saremo fratelli uniti" dallo spettacolo teatrale Terroni, tratto dall'omonimo libro di Pino Aprile,  diretto e interpretato dal nostro conterraneo  Roberto D'Alessandro. E' un cd che ogni meridionale, ma io direi ogni italiano, dovrebbe possedere e ascoltare ripetutamente per comprendere, senza bisogno di leggersi decine e decine di tomi, qual è stata la vera storia del Risorgimento, il disegno e i fini più o meno reconditi dell'unificazione dell'Italia, di una unificazione necessaria, indispensabile e auspicabile, necessarietà, indispensabilità e auspicabilità delle quali, però, qualcuno ha approfittato per farla nel peggiore dei modi conquistando, devastando e colonizzando una parte del paese che, per colmo d'ironia, è stata anche, per più di un secolo, colpevolizzata al punto da farci perfino vergognare di essere meridionali.  Tutto ciò non significa essere anti unitari o anti italiani, ma voler solo ristabilire la verità storica. Per convincersene basta ascoltare attentamente la bellissima "Voglio bene all'Italia" dalla quale traspare tutto l'orgoglio dei meridionali che si sentono italiani come e più degli altri, connazionali di Colombo e di Tardelli, di Benigni e di Totò, di Galileo, di Bocacccio e di Francescod'Assisi. 
 
Tolsero gli artigli al gatto
E volevano che graffiasse
La voce all'usignolo
E volevano che cantasse

L'argilla alla terra
e volevano che fiorisse
Più lacrime non abbiamo
E vogliono che ridiamo

canta Mimmo Cavallo nel primo brano che s'intitola Quando saremo fratelli uniti scritto assieme ad Andrea Simiele  così come quasi tutti gli altri: otto versi nei quali è racchiusa la vera storia dell'Unità d'Italia come fu voluta e realizata dai Savoia, concetti ribaditi nel secondo brano dal titolo Fora Savoia e in altri ancora.
Chi continua ad accusare i meridionali di essere incapaci di promuovere lo sviluppo della loro terra rifletta sugli "
artigli strappati", sulla "voce dell'usignolo", sulle "lacrime che non abbiamo più" per capire perché per tanti anni gli abitanti delle terre del Sud sono stati costretti a emigrare, come il Mezzogiorno sia stato privato, oltre che dei suoi opifici, dei suoi porti, delle sue risorse finanziarie, anche di quella ben più importante e produttiva: la risorsa umana.
   Non mancano le critiche all' "eroe dei due mondi", "Garibardo" figura controversa e non ancora ben definita che finisce per farsi strumento del cinico Cavour il quale, spianandogli la strada anche con l'aiuto dell 'Inghilterra, gli fa credere di essere invincibile, ma che  le avrebbe "certo prese senza inciuci, tradimenti e l'oro inglese" scrivono i due autori. Quanto sia attendibile  questa ipotesi di Mimmo Cavallo e Andrea Simiele lo dimostra la vicenda del famoso scontro dell'Aspromonte, quando un Garibaldi oramai non più utile ai disegni piemontesi, anzi decisamente ingombrante, fu messo al tappeto con poche schioppettate dai soldati del famigerato colonnello Pallavicini. Non manca nemmeno un brano dedicato al brigante, il ribelle indomito, mezzo criminale, mezzo patriota che, comunque, insorge in armi contro il piemontese invasore, ma viene massacrato, giustiziato, decapitato o messo ai ceppi e trasferito nei lager piemontesi dai Cialdini, dai Pallavicini, dai Fumel. E ancora canzoni bellisisme,dolcissime, struggenti come Fiore rubato, Mediterranea è, Te deum Gaeta, dedicata alla città martire o ferocemente ironiche come Sa - Rc la mulopedonale o l'ìnvettiva contro le aberranti teorie, la "non scienza" di Ezechia Marco Lombroso meglio conosciuto col nome di Cesare nel brano Ezechia da Verona. Canzoni bellisisme, testi forti, permeati di lirismo, ma, nel contempo, verie propri pugni allo stomaco capaci di farci pensare e uscire dall'apatia, testi nobilitati dalla bellissima musica di Mimmo Cavallo e dalla sua straordinaria voce. In alcuni c'è lo "zampino" del bravo Pino Aprile (e si sente). Insomma un'opera davvero bella e interessante.

                                            Peppino Marino