I LIMONI E LA MALVAROSA
Un romanzo di Mariantonia Crupi
 

            Mariantonia Crupi - I limoni e la Malvarosa, luglio 2022



   Era un po’ di tempo che non mi capitava di leggere un bel romanzo di un autore calabrese che, sullo sfondo di una storia nazionale ed europea tragica che fa da supporto a un mosaico di storie di famiglie locali non meno tragiche, ci racconta il cambiamento profondo e per certi versi traumatici della Calabria, delle classi sociali, l’irrompere della modernità e l’evoluzione dei tempi a partire dalla seconda metà del XX secolo che appare ineluttabile e che si scontra con vecchi pregiudizi, incrostazioni, di una nobiltà e di un’aristocrazia che stentano a prendere atto del nuovo che avanza e della loro lenta e inarrestabile decadenza. Così i loro altezzosi comportamenti  pur mitigati in parte dall’ipocrisia religiosa, in qualche caso dall’umana solidarietà, perfino dall’affetto nei confronti di qualche amico che appartiene alle classi subalterne o della servitù, non ammette tuttavia il superamento di alcune barriere ritenute insormontabili o, addirittura un matrimonio tra ragazzi di due classi sociali diverse. Tutto ciò condiziona pesantemente la vita dei vari attori e le varie vicende narrate con effetti spesso drammatici provocando dolori e rimpianti, una sorta di prezzo che si paga sempre ai grandi cambiamenti.
   I limoni e la malvarosa di Mariantona Crupi si apre con la morte di Lina, una ragazza amica carissima, compagna di giochi e di studi della marchesina Diamante Caracciolo che un crudele destino la porta prima a diventare suo malgrado rivale della nobile amica quando un giovane medico, Riccardo che donna Costanza avrebbe voluto come sposo della figlia Diamante, si innamora di lei suscitando un rancore sordo e profondo nell’amica e nella madre  e poi a una morte prematura che getta nello sconforto l’amato. Riccardo finirà poi per sposare Diamante prima di rimanere anch’egli vittima di un crudele destino a seguito di gravissime ferite di guerra che lo porteranno alla morte lasciando la donna con due figli da allevare ed educare, le tenute da amministrare e con un senso di colpa per un occasionale tradimento frutto della debolezza di un momento che la perseguiterà per tutta la vita.
   Il destino di donna Diamante, prigioniera del suo ruolo e della sua casta, nonostante la sua grande cultura e la sua generosità, continuerà ad avvelenarle la vita con gli insani pregiudizi che tornano a bussare prepotentemente all’uscio della sua esistenza quando il figlio si innamorerà di Mariastella, figlia di una sua amica e la secondogenita Emma verrà sedotta e abbandonata da un medico di paese sposato e con figli.
    Il destino si accanirà anche col figlio che, alla morte per parto di Mariastella nel dare alla luce la piccola Diamante, accecato dal dolore e dal rancore per la madre che ha sempre osteggiato la sua relazione con la sfortunata moglie, abbandona la figlioletta e il paese nel quale non metterà più piede per emigrare definitivamente in America, cosa che farà anche la piccola Diamante, una volta laureatai trasferendosi in Francia dove troverà un lavoro e uno splendido marito. Sarà comunque il dolore per la morte improvvisa della nonna che tanto dolore le provocò in passato privandola dell’affetto di un padre e facendole in qualche modo sentire l’astio che provava per la decisione del figlio di sposare una donna non adatta alla sua condizione sociale a riportarla per sempre in Calabria rendendo reale il sogno della zia Emma che è poi il sogno quasi mai diventato realtà di centinaia di migliaia di calabresi costretti a lasciare per sempre la loro terra nella quale non riusciranno più a tornare.
   I limoni e la malvarosa è certamente un bellissimo romanzo che, nel mentre ci fa riscoprire, ma più che riscoprire riflettere su un mondo che chi ha più di 70 anni ha conosciuto, amato e forse anche odiato, ci da' una lettura storica non superficiale delle profonde trasformazioni sociali e culturali della nostra terra a partire dalla metà del XX secolo che supera il gattopardismo.
    Per finire mi piace sottolineare come questo romanzo descrive impeccabilmente la nostra terra, la vita sociale della Calabria del Novecento, l’attaccamento alle nostre tradizioni, il profondo sentimento di solidarietà della nostra gente capace di superare perfino i pregiudizi di casta. E poi la natura, le acque, gli alberi, i fiori, le piante, i profumi, l’odore e il sapore dei nostri cibi, dei dolci, delle spezie, il calore del fuoco e dell’affetto, della stima, l’identità e il senso di appartenenza a una comunità che sono valori del paese nel quale il romanzo è ambientato, ma anche di tutta la Calabria e del Mezzogiorno.