Un bel "tuffo nel passato" di Peppino Aquila |
Ho avuto il piacere e 1'onore di leggere in anteprima le poesie di Salvatore (Peppino) Aquila, un amico che ho avuto modo di conoscere e apprezzare quando entrambi lavoravamo nei locali della Scuola Elementare di Caccuri, lui come segretario didattico, io come insegnante. Nelle sue liriche c'e tutto 1'antico mondo contadino con i suoi saperi, i suoi valori, la sua purezza, genuinità. Un mondo nel quale i sentimenti, gli affetti, l’amicizia. la solidarietà erano il tratto caratteristico degli uomini di quel tempo; un mondo di fatica e sofferenza sopportate con pazienza e rassegnazione, quasi con gioia perche ci si sapeva accontentare e la fatica, la povertà, il dolore, gli stenti erano mitigati dai sapori genuini e dalla ricchezza delle cose semplici, dal gusto di una "Minerrella con i fagioli coltivati nell'orticello e la corchjiarella", dal pane cotto al forno a frasche, dal vusjulu, dalle salsicce, da un buon bicchiere di vino, ma, soprattutto dal calore umano dei parenti e dei compaesani, dall'amicizia, dal sentirsi parte integrante di una comunità che era quasi una famiglia che ti accoglieva e ti proteggeva. C'era si la miseria, ma c'era anche tanta dignità come ci racconta Peppino nella sua bellissima poesia "Miseria e dignità", un quadretto sulle attività artigianali del tempo, sulle attività agricole di un paese percorso in lungo e in largo da contadini che partivano o tornavano dal lavoro con il loro amato somarello, o nell’ altra, “’A falegnameria" nella quale ci parla di un maestro d'ascia che con il rumore della sua bottega rallegrava il vicinato. Chissà quante denunce si sarebbe beccato se fosse vissuto ai nostri giorni. Ma il nostro tratta anche temi importanti come quello dell’emigrazione nella poesia in lingua "Fanciullezza rapita" che racconta la storia di uno zio che emigra in Argentina portandosi dietro un grande carico di dolore, oltre al ricordo struggente di un paese che non rivedrà mai più. Dolore e nostalgia che riaffiorano anche nella poesia "A nonno Vincenzo Aquila" ucciso da un fulmine o in "'U focularu", un dialogo con una sorta di genio del focolare al quale racconta il suo dolore e il suo tormento per la morte prematura del padre che lo ha privato in tenera età delle carezze e dell'amore del genitore, oltre che di una guida sicura proprio quando ne aveva bisogno. Ovviamente non manca 1'amore, tema obbligato per ogni poeta che si rispetti. Peppino Aquila e anche un bravo narratore. La sua prosa e semplice e scorrevole quanto efficace. Per accertarsene basta leggere alcuni suoi brevi racconti come "C'era una volta", un bel quadretto dei primi anni '50 del XX secolo nel quale ci descrive il suo paese (ma la descrizione vale per tutti i nostri paesi della presila crotonese) ai tempi " 'e ra luce e Lese", quindi 1'arrivo nelle case delle famiglie più abbienti dei primi televisori che trasmettevano i primi mitici programmi di una RAI ancora pionieristica, le botteghe artigianali dove si fabbricavano '"i rrummuli", oppure "A vota e Maliuzzu", il luogo dove ci si riuniva da fanciulli, dopo aver praticato i vari giochi del tempo, per raccontarsi la propria vita, scambiarsi esperienze, socializzare, o, ancora, "La notte dei grilli", racconto sulla difficile cattura di questi animaletti per darli in pasto agli uccelli. Davvero una piacevole scoperta quella di un Peppino Aquila poeta e narratore.
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