Uno
dei tanti personaggi caccuresi sconosciuto, o quanto meno poco
conosciuto dai suoi concittadini, è l’abate Cornelio Pelusio, monaco
cistercense caccurese vissuto nel XVI secolo, priore del monastero
florense prima di Giacomo Greco di Scigliano, preside della
congregazione cistercense di Calabria e Lucania dal 1586 al 1605, uomo
dotto e studioso meticoloso. Secondo alcuni la sua morte sarebbe avvenuta
prima del 1601, ma la notizia appare infondata.
Nel 1598 il religioso
caccurese trascrisse da un antichissimo manoscritto rinvenuto nell’abbazia
di San Giovanni in Fiore dal titolo “Vita beati Joachimi abbatis” in
alcune parti illeggibile e probabilmente mancante di alcune pagine. Gli
esperti ritengono che l’opera originaria risalga a un periodo
precedente il 1207, anno presunto della morte di Raniero da Ponza,
monaco frate e teologo, consigliere di Innocenzo III, legato pontificio
in Linguadoca, confratello e amico di Gioacchino da Fiore col quale
condivise il tradimento ai danni dell’ordine cistercense per il quale
furono entrambi prima diffidati e poi dichiarati “fuggitivi.” Le
deduzioni degli studiosi sono fondate sul fatto che nell’opera si
parla di un Ranieri ancora in vita.
L’opera trascritta
dal Pelusio, conservata nel fondo della Biblioteca Brancacciana della
Biblioteca Nazionale di Napoli ( cod. I F 2, foll.274 – 278 ), fu
ripresa e pubblicata nel 1953 da don Cipriano Baraut e ancora
successivamente, nel 1960, dallo storico tedesco Herbert Grundmann,
esperto di storia medioevale, in una edizione più accurata, corretta ed
integrata con qualche aggiunta.
Al manoscritto
l’abate caccurese aggiunse un quarto libro, “De Abbatia florensi et
eius filiabus liber IIII” nel quale ci dà diverse brevi notizie,
quasi sempre raccolte in poche righe sulla storia dell'abbazia
sangiovannese. Pelusio
raccontò anche alcuni presunti miracoli attribuiti a Gioacchino.
In una relazione della fine del Cinquecento il monaco cistercense
caccurese descrisse accuratamente
anche l’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo di Mesoraca nella quale
vivevano due monaci, il priore ed un converso, circondata da orti e
boschi di castagno. Ed ecco come lo stesso descrisse un'altra abbazia,
quella di Santa Maria di Corazzo in territorio di Carlopolim tra i fiumi
Amato e Corace:
«Abbatia
quae dicitut sancta Maria de Coratio est in diocesi Marturanensi prope
oppidum quod dicitur Scilianum, ad millia passuum fere sex, in montaneis
prope flumen quod habet nomen Coraceum».
Qualche anno fa è nato un
Centro Sudi Cornelio Pelusio che ha sede in Altilia di Santa Severina
nei locali dell’ex Monastero di Calabro Maria. Purtroppo nel
paese di nascita non v'è alcuna traccia di quest'uomo così illustre
che tanta parte ebbe nella storia del monachesimo cistercense in
Calabria e in Lucania.
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