Ringrazio
di cuore l'amica Dora Sganga che mi ha ricordato una storia bellissima
che mi raccontava mia madre e una stupenda poesia del grande Umberto
Lafortuna, poeta caccurese troppo presto dimenticato, così come
dimenticati sono tanti altri concittadini che onorarono nei secoli
questo ingrato paese.
La storia che voglio raccontarvi è una storia
tragica che nel lontano 1929 ebbe per sfortunati protagonisti una povera
contadina calabrese e due suoi figlioli. Era il 21 febbraio di un
inverno particolarmente rigido. La temperatura era scesa abbondantemente
sotto lo zero e in molte zone della Calabria infuriava una tormenta di
neve. Carmela Borelli, una contadina di Sersale, paese della provincia
di Catanzaro il cui abitato sorge su una collina a un'altitudine di 740
metri, con due asini carichi di provviste e i due figlioletti, Costanza
di 9 anni e Francesco, di soli 5, stava rientrando in paese dalla
marina. Il freddo era pungente, ma il cielo sgombro e niente lasciava
presagire la tragedia.
Avevano percorso qualche chilometro quando il cielo
all'improvviso si oscurò, si alzò un vento gelido di tramontana e
cominciò a nevicare. La donna affrettò il passo, ma ben presto la
situazione precipitò. I bambini divennero freddi e cominciarono a
mostrare i primi segni di assideramento. Con la forza della disperazione
e cercando di proteggerli come meglio poteva, Carmela cercò di
raggiungere il paese, ma la tormenta le toglieva l' energia e il
respiro. Arrivata nei pressi del paese, le forze l'abbandonarono e
si accasciò ai piedi di un albero cercando di coprire alla meglio
i bimbi con i suoi vestiti e di scaldarli col calore del suo corpo. Poi,
questo gruppo umano, questa sorta di Pietà, fu ricoperto dalla neve.
Qualche ora dopo i soccorritori, scavando con le mani,
rinvennero i tre poveri corpi che trasportarono immediatamente a braccia
in paese. Carmela spirò poco dopo, mentre i figlioletti
riuscirono a salvarsi grazie all'eroismo e
all'amore della loro mamma. Il gesto commosse tutta l'Italia e il fatto
di cronaca fu riportato da molti giornali italiani. Da allora la triste
fine dell'eroica contadina entrò nella memoria collettiva tanto che i
nostri nonni, per indicare una giornata particolarmente fredda,
coniarono l'espressione "la giornata di Carmela Borelli", come
ripeteva spesso mia madre.
Umberto Lafortuna, commosso come tanti italiani dal
sacrifico della sfortunata madre, le dedicò la l'epigrafe che un tempo
si imparava in tutte le scuole della regione, che ancora oggi molti
cittadini di Sersale ricordano e tramandano e che riporto di
seguito:
A Carmela
Borelli
Fioccava
la neve, fioccatva
Divenne tormenta col vento che urlava.
E fu quella cruda tormenta che il cuore
di una madre spezzò sul cuore dei figli.
Tornavan la madre
e i figli dai campi in paese,
la neve li colse,
feroce li avvolse.
Piangevano i piccoli stanchi, già vinti
Ma sorse sublime materno l’amore che vinse
la cruda tormenta.
E quando gli accorsi scoprirono il gruppo
dal gelo abbattuto,
trovarono due cuori piccini
che ancora battevan vicini
a un cuore morente.
Colonna marmorea spezzata,
ricorda, ricorda quel cuore di madre
Spezzato dal gelo
sul cuore dei figli.
Ancora grazie a Dora per avermi ricordato questa tragica vicenda e
l'omaggio del maestro Lafortuna.
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