Ogni
essere umano che viene al mondo, a un certo punto, quando è in grado di
capire il valore della vita che, checché ne dicano Schopenhauer
e altri filosofi pessimisti, anche la più tribolata, vale sempre la
pena di essere vissuta (a questo proposito un grande filosofo caccurese
insegnava che “E’ meglia ‘a vita ch' ’a morte! G. Gallo -
Guvanni 'e Rizzeri”), sente sempre il dovere di ringraziare la madre
che lo ha messo al mondo o al massimo Dio; difficilmente si ricorda,
invece, di chi lo ha aiutato a venire alla luce con pazienza,
competenza, abnegazione, soprattutto fino alla metà del secolo scorso
quando per prendere un parto magari doveva farsi anche un lungo tratto a
dorso di asino o di mulo, anche d’inverno, per strade impervie, nelle
campagne e nei boschi caccuresi. Mi riferisco alle vecchie, care
ostetriche, le nostre “mammane” o “vammane” come le si chiamava
nel dialetto caccurese che a volte (raramente) affiancavano il medico
nell’assistenza al parto, ma quasi sempre se la vedevano da sole, con
scarsi mezzi, a volte in condizioni igieniche precarie, nei bassi o nei
casolari di campana molto più simili alla grotta di Bethlemme che ad
abitazioni di umani. Provate a pensare a una vecchia ostetrica degli
anni ’20 o ’30 del secolo scorso che in una notte d’inverno con la
pioggia, il vento o con una bufera di neve si partiva da Caccuri per
raggiungere Santa Rania o Acquafredda, Pantane, Eido, Laconi, Rittusa
per prendere un parto. Quante volte dovremmo ringraziarle queste eroine
spesso sconosciute.
A proposito di ostetriche caccuresi nelle mie ricerche mi sono
imbattuto in alcune di loro, anche se le notizie sono molto scarse.
La prima è Elisabetta Mirandi nata a Caccuri presumibilmente nel
1809. Di questa antica mammana, citata come testimone in alcuni atti dei
notai Ambrosio, sappiamo che lasciò il servizio nel 1873 alla bella età
per quei tempi, di 64 anni.
Alla Mirandi subentrò Caterina Cerminara appartenente a un
parentato una volta abbastanza numeroso nel nostro paese. Non sappiamo
fin quando rimase in servizio, ma sappiamo che nel luglio 1912 la
condotta ostetrica era affidata alla signora Maria Teresa Quintieri che
aveva aiutato a nascere Salvatore Gigliotti, figlio di quel Salvatore
che era morto un'ora prima colpito da un fulmine il località Parpusa. Nel 1917 divenne
ostetrica condotta la signora Francesca Sgro.
Francesca
Sgro, detta Checchina, fu la figlia primogenita di Vincenzo.
Nacque a Caccuri nel 1880. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1909,
si trasferì a Catanzaro dove studiò per alcuni conseguendo il diploma
che le consentì di esercitare la professione di ostetrica condotta dal
1917 fino alla fine del1949. In questi 32 anni aiutò a nascere
centinaia e centinaia di bambini e bambine, molti dei quali diventarono
suoi figliocci. Era tanta, infatti, la stima dei genitori, da chiederle
questo gesto che era considerato sacro al punto che passando davanti le
case dei padrini o delle madrine di battesimo, anche se gli infissi
erano sbarrati e le case disabitate, i genitori dei bambini, ma anche
gli stessi figliocci e i loro parenti,
si inchinavano e
si toglievano il cappello.
Checchina Sgro era amata anche perché si prodigava per i poveri
ed aveva fatto il voto di non pagarsi le prestazioni che esulavano dai
suoi compiti di ostetrica condotta.
Nel 1950, dopo alcuni mesi nei quali la condotta fu affidata a
una ostetrica di Cotronei, prese servizio la signorina Marietta Rizzuto,
figlia del procaccia postale Rosario e sorella dell’indimenticabile
postino Umberto (Ubbertu ‘e sciroccu). Anche la Rizzuto esercitò la
professione con competenza e dedizione per circa 25 anni, fino alla metà
degli anni 70, poi le subentrò la signora Rosaria Rugiero, anche se
ormai da qualche anno nessuna donna partoriva più in casa, ma in
ospedale, a Crotone e successivamente a San Giovanni in Fiore. Oggi
anche nascere è diventato un grosso problema dato che le ASP hanno
soppresso molti punti nascita. Forse si stava meglio quando si stava
peggio.
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