Quando
si arriva a una certa età si tirano i remi in barca e si comincia a
vivere di ricordi, così mi capita sempre più spesso di rivedere la mia
vita come in un film, di ricordare episodi più o meno importanti degli
anni ’50, della mia fanciullezza, di quel periodo così importante per
la formazione della personalità dell’uomo.
Caccuri negli anni
’50 era una cittadina “rossa” che più rossa non si poteva, nella
quale i comunisti e i socialisti erano la stragrande maggioranza. La
potente macchina democristiana, allora maggioranza in Italia dopo la
disfatta del Fronte popolare nelle elezioni del 1948, quelle delle
madonne pellegrine, dei cosacchi che abbeveravano i cavalli nelle
fontane di piazza San Pietro, delle scomuniche dei comunisti, che aveva
occupato lo Stato e tutti i gangli della pubblica amministrazione in
combutta con le parrocchie e le sezioni DC dei paesi, non era ancora
riuscita a corrompere le coscienze e buona parte dei comunisti caccuresi
come accadde poi verso la fine del decennio e i militanti erano ancora
duri e puri. Uno dei tanti metodi
era quello dei famosi pacchi POA, pachi di alimenti della Pontificia
Opera Assistenza che venivano distribuite alle famiglie bisognose,
ovviamente democristiane. Per sfamarsi alcuni comunisti si fingevano
democristiani poi, una volta ottenuto l'agognato pacco, cantavano di
nascosto "Abballa 'a samba, aballa 'a rumma, pìjate 'u paccu e
vota alla trumma". La tromba era il simbolo della Rinascita del
Mezzogiorno che si usava per la presentazione delle liste social
comuniste fino agli anni '80.
Le campagne elettorali erano particolarmente accanite, gli
scontri durissimi, anche se, per fortuna, almeno a Caccuri, incruenti e
le provocazioni alle quali si prestavano anche alcuni settori delle
forze dell’ordine troppo ligie al ministro degli interni, molto
frequenti. Si era arrivati al punto di rischiare di essere fermati anche
se si applaudiva con troppo entusiasmo un oratore del proprio partito
(socialista o comunista, ovviamente, per quelli democristiani non
c’erano limitazioni). A rendere loro la vita difficile era stato
perfino introdotto il reato di oltraggio al governo per cui nei comizi
ci si doveva barcamenare e, per criticare implicitamente il governo
senza rischiare problemi con la giustizia, si doveva fingere di
criticare la DC.
I miei
genitori la sera mi portavano ad ascoltare i comizi e io mi infervoravo
al punto che il giorno dopo li ripetevo. Il mio primo comizio lo tenni
all’età di 4 anni e, da quello che mi raccontavano gli amici della
mia famiglia, fu un successo. Sono tanti e tanti gli aneddoti che potrei
raccontare, ma anche episodi drammatici ai quali ebbi modo di assistere.
Uno dei più curiosi è quello della capra di
un contadino che abitava di fronte la casa di nonno Peppino
all’imbocco di via Portapiccola. Questi, era un comunista così
accanito che aveva dipinto di rosso le corna della capra che si portava
sempre dietro quando andava in campagna, legata al basto dell’asino e
che all’imbrunire sbucava da piazza Umberto, (quella vera sulla quale
si affacciava il negozio di “panname”, ovvero stoffe, ‘e za
Mariuzza ‘è Marru Carmine) con le sue belle corna rosse fosforescenti
che la rendevano ancor più luciferina.
Qualche anno dopo il
contadino abbandonò gli ideali comunisti come tanti altri che passarono
sull’altra sponda, molti dei quali, come li definiva il compianto
Mario Sperlì, “ ‘e ru cippu e da gaccia”, cioè quelli che quando
erano comunisti, prima di abbracciare il bianco fiore simbolo d’amore,
avrebbero voluto attrezzare ceppi e mannaie per tagliare un bel po’ di
teste. Sic transit gloria mundi!
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