La vita sociale nella prima metà del XX° Secolo
Nella prima metà del XX° secolo, quando radio, televisione, internet ed altri moderni mezzi di comunicazione e di intrattenimento erano sconosciuti e non avevano ancora stravolto le abitudini e i riti della società contadina, molti erano i momenti e le occasioni di socializzazione e di incontro. A volte il modo di trascorrere il tempo libero da parte degli uomini era diverso da quello delle donne o nei vari momenti della giornata. Le donne trascorrevano il loro "tempo libero" nella "ruga", sedute nei crocchi sui "vignani", a filare la lana o a lavorare ai ferri chiacchierando su fatti e persone del paese.
Vicini di casa in crocchio negli anni '60
Gli uomini, invece, o giocavano a carte in una delle bettole del paese oppure sostavano a gruppi sui sedili in pietra di piazza Umberto "'u settu e ra Miliè" o " e ra Lupinacci", dal nome dei proprietari delle case alle quali i sedili erano appoggiati, e commentavano gli avvenimenti del paese, le annate agrarie, i fenomeni meteorologici o la politica del paese. A carte si giocava a briscola, scopa o tressette; poi si finiva con il classico "padrone e sotto."
Partita a carte
F. A. Fazio
- Partita a scopa tra Peppino Marino e Antonio
Loria
I vecchi riandavano ai tempi lontani della loro gioventù o raccontavano le loro esperienze di emigrati nelle Americhe o di combattenti della Grande Guerra.
"Settu 'e ra Miliè"
Da sinistra: Giovanni Lucente - Giovanni Crivaro - Domenico Demme e Pietro Salerno
Ma, oltre a questi momenti "separati", vi erano anche occasioni nelle quali uomini e donne trascorrevano insieme il tempo libero. Era il caso dei "balli", semplici festicciole che venivano organizzate nei bassi del centro storico, o dei "romanzi", quando un "novelliere", il brigadiere Nesci, o Francesco Pirito o qualche altro lettore del paese, nelle lunghe e fredde serate invernali, per diversi giorni di seguito, in una casa nella quale si riuniva tutto il vicinato, raccontava un romanzo a puntate, in un silenzio tombale davanti a decine di persone che pendevano dalle sue labbra.
Spesso l'avvincente racconto veniva interrotto per un quarto d'ora, o una mezz'ora per mangiare le caldarroste ancora calde o le patate arrostite alla viva brace del focolare e bere un buon bicchiere di vino frizzante.
Molto più spesso, però, le serate non erano allietate dalla presenza del "novelliere". In queste occasioni ci si limitava semplicemente a "spostare", cioè a trascorrere il tempo in modo lieto e gioioso, tutti insieme, in una casa della "ruga", a turno. Erano questi momenti molto belli e sereni descritti magistralmente dal poeta Umberto Lafortuna in una sua lirica in vernacolo.
Vernu
Ardu
le ligne 'ntra lu focularu
E
nue assettati a rollla ne scordamu
Da
mal’annata e de lu vernu amaru:
Ridimu,
chjicchjiariamu, ne manciamu
Mo
‘na patata, mo ‘na castagnella
E
jocamu a ‘nnuvina, nnuvinella.
Ma
‘u tempu passa, ‘nzignamu a cimare
E
fora jazza’ e mina tramuntana.
Lassamu ‘u focu e ne jamu a curcare.
Umberto Lafortuna
Ringrazio l'amico pittore Enzo Loria per avermi gentilmente concesso la foto "Settu 'e ra Miliè"