Vincenzo Ambrosio (Medaglia d'oro al valor militare) | ||||
Cade
il 10 marzo l' anniversario della morte drammatica e gloriosa del tenente Vincenzo
Ambrosio, medaglia doro al valore militare, caduto a Nivice, in Albania nel 1941.
Caccurese, anche se nato a Roma, figlio di Giuseppe Ambrosio, avvocato tra i più
affermati nella Capitale ed avvocato egli stesso, Vincenzo fu, senzaltro, un eroe tra i più fulgidi, uno dei tanti giovani
inghiottiti, quasi allinizio, da quel tragico
conflitto che tanti lutti e rovine avrebbe
ancora provocato negli anni a venire. A volte si diventa eroi nostro malgrado, per
fortuite circostanze, quasi per caso quando, presi in un ingranaggio che ci stritola o
costretti dal destino, cerchiamo, in ogni caso, di dare il meglio di noi stessi tirando
fuori dal nostro intimo quanto di più positivo possa esserci. Vincenzo Ambrosio eroe lo
divenne deliberatamente e consapevolmente, rinunciando a tutto ciò che la vita, con lui
generosa fino a quel momento, gli aveva
munificamente elargito. E così intelligenza, salute, prestanza fisica, cultura poderosa, prestigio, agiatezza furono da
lui consapevolmente e senza alcun rimpianto, bruciati sullaltare dellamore per
la Patria, di una fede incrollabile nella grandezza futura del Paese che gli aveva dato i
natali. Nato a Roma nel 1913 da Giuseppe Ambrosio e da Emilia
Lafortuna, sorella del poeta Umberto, leroe si laurea alletà di
ventanni in giurisprudenza. Nello stesso anno è
soldato di leva e lanno successivo, col
grado di sotto tenente degli arditi nella divisione Brennero di stanza a
Merano, è ai confini alpini per tenere sotto controllo i Tedeschi che minacciano
lautonomia austriaca. Subito dopo è in Africa, a combattere la guerra
dEtiopia dalla quale, insieme al fratello Domenico, esce indenne. A 24 anni entra
per concorso nel ruolo direttivo coloniale, una delle più difficili, ma nel contempo
affascinanti carriere civili dello Stato in quellepoca. Il 2 agosto del 1937 parte da Napoli alla volta di Massaua. Da lì raggiunge Addis Abeba e,
quindi, Gimma dove prende servizio come addetto alla Direzione degli affari economici
della coalizione di Governo, in un lembo del giovane impero tra i più
difficili da amministrare. Da qui viene inviato a Bacco dove rimane a lungo. Poi, a seguito di un attacco di malaria,
torna ad Addis Abeba e, dopo tre anni, a Roma. Qui presenta domanda per essere richiamato
alle armi. Ma il ministero non vuole rinunciare al suo prezioso contributo e risponde che
la sua qualifica di impiegato è di impedimento a che la domanda venga accolta. Ma il suo
tragico e glorioso destino deve purtroppo compiersi. Vincenzo presenta le dimissioni
dallimpiego rinunciando al grado raggiunto e allavvenire assicurato. E viene
spedito in Albania. Il 20 febbraio 1941 giunge a Tirana. Qui chiede ed ottiene il comando
del reparto Arditi del 231° Reggimento della Brigata Avellino. La stessa notte
dellarrivo partecipa ad unazione di guerra ricevendo un encomio dal
colonnello. Poi è tutto un susseguirsi di audaci azioni quotidiane. Sopporta freddo,
patimenti, stenti, ma trova la forza di scrivere quasi quotidianamente ai genitori ed ai
fratelli anchessi arruolati. Il giorno fatale del 10 marzo Vincenzo attacca per ben
tre volte una munitissima postazione nemica. Al terzo assalto è colpito a morte. I suoi
soldati lo portano al riparo e lui ancora lucido e cosciente dellimminente fine, nel
mentre continua ad impartire ordini per la continuazione dellazione, ha ancora il
tempo di riflettere sullimminente dramma che si abbatterà di lì a poco sulla sua
famiglia e mormora : Povera mamma, povero papà! Povera mamma, quando lo
sapranno! Poi spira. Questo era Vincenzo Ambrosio, un giovane che rinunciò a tutto
in cambio della gloria lasciando la sua giovane vita in una terra lontana ed inospitale,
un uomo con sangue caccurese nelle vene, con lardore e la generosità di un popolo
un tempo fiero. A ricordare leroe, nel
suo paese dorigine, vi è solo una lapide collocata, a cura dei suoi stessi parenti,
sulla facciata della casa paterna. Non una strada, non una piazza, in un paese in cui la
toponomastica è da sempre imprecisa e lacunosa, portano il nome di questo fulgido eroe
immolatosi nel fior degli anni per una Patria che voleva rendere grande.
Giuseppe Marino
Giuseppe
Marino
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