Peppe Marasco |
Peppe Marasco non era un caccurese nel senso che non era nato a Caccuri; vi si era stabilito definitivamente, lui commerciante che girava per i vari paesi della Calabria, dopo aver sposato una donna del luogo, ma, per la verità, fu uno degli "immigrati" che meglio si inserirono nell'ambiente caccurese al punto che nessuno mai ebbe a consideralo un forestiero. Di natura burlone e gaudente, è uno dei tre personaggi celebrati nella famosa canzone " 'A Caccurisella" che ogni vero caccurese conosce. Peppe era celebre per gli scherzi che sapeva organizzare e che facevano ridere tutto il paese. Scherzi e facezie toccavano il culmine nel periodo di Carnevale e, il martedì, il giorno de "l'Azata", nei panni di Quaresima, l'afflitta vedova del filosofo epicureo, si strappava faccia e capelli per il dolore facendo sbellicare dalle risa coloro che seguivano il mesto, gioioso corteo. Una volta in piazza, lui, povero commerciante che certamente non nuotava nell'oro, forse per far dispetto a qualcuno che gli era antipatico, si mise a magnificare i tempi (metà anni '50) che consentivano alle persone intelligenti di arricchirsi facilmente tanto che lui oramai i soldi non li contava più, ma li pesava essendo riuscito a stabilire con precisione il numero di biglietti da mille corrispondenti ad un chilogrammo di peso. Lo scherzo gli procurò una serie di guai quando una lettera anonima denunciò la cosa alla finanza che volle accertare come mai, uno che aveva tanti soldi da pesarli, non pagasse una sola lira di tasse. Quando Peppe, nel 1957 comperò uno dei primi televisori apparsi a Caccuri si divertiva ad angariare le frotte di ragazzini che premevano alla sua porta per guardare la TV dei ragazzi, le avventure di Rin Tin Tin o di Ivanhoe. Per farli entrare pretendeva che si dichiarassero "figli di buona donna" e, quando il ragazzino, per pudore o per non offendere la propria madre, se ne stava titubante senza rispondere alla fatidica domanda, lo teneva sulla corda per un po' prima di prorompere in una fragorosa risata e farlo finalmente entrare in casa, assieme ad altri 50 - 60 monelli, a guardarsi il tanto agognato programma. La specialità di Peppe era la costruzione dei palloni ad aria calda che faceva innalzare nel cielo caccurese una volta all'anno, il 19 marzo, nel giorno del suo onomastico. Ma ogni quattro anni Peppe di palloni ne lanciava due: uno il 19 marzo, l'altro il giorno dello scrutinio dopo le elezioni comunali o nazionali quando a vincere erano la lista della "Tromba" o i comunisti. Allora un gigantesco pallone rosso con la "Tromba" e "la falce e martello" si librava nel cielo caccurese per la gioia dei ragazzini che, forse anche per questo, si auguravano la vittoria dei comunisti, cosa che si avverò sempre fino al 1970 quando già Peppe si era trasferito definitivamente da qualche anno in quel di Como.
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