Brevi cenni sulla figura del cavaliere Francesco Macrì

                                                                                            

Il cavaliere, professor Francesco Macrì, più noto col curioso nomignolo di “Tata”, uno degli uomini più illustri  del paese, nacque a Caccuri il 24 aprile del 1870 da una famiglia di modeste condizioni economiche, originaria della provincia di Cosenza. Sin da fanciullo mostrò un accentuato interesse per gli studi tanto che i genitori, a prezzo di grandi sacrifici, gli consentirono di frequentare la “Regia Scuola Normale Superiore” di Napoli dove il giovanissimo Francesco conseguì  la “patente superiore di maestro di scuola”. Subito dopo lo troviamo insegnante in alcune scuole della provincia di Cosenza e, successivamente, anche a Caccuri, ma, a quei tempi, lo stipendio di maestro elementare non consentiva altro che una vita grama, per cui il giovane maestro, come tanti suoi connazionali, fu costretto ad emigrare in Uruguay, dove trascorse ben 27 anni.  Tra i vari incarichi che ricoprì per conto del suo Paese vi fu anche quello di direttore delle scuole italiane in Uruguay. Fu anche membro autorevolissimo e segretario di un circolo culturale italiano della capitale uruguegna. Era ancora nel paese sud americano, professore al liceo italiano di Linares, il 13 dicembre del 1917 quando il ministro degli esteri Sidney Sonnino comunicò all’onorevole Lucifero che, su proposta dello stesso ministro, Vittorio Emanuele III°, con decreto del 9 dicembre dello stesso anno, aveva nominato l’emigrante Cavaliere della corona. L’anno prima il professore caccurese si era reso protagonista di un inconsueto gesto di generosità donando tutti i suoi risparmi, ammontanti a 3.000 lire, frutto di anni di sacrifici e privazioni, allo Stato italiano a titolo di prestito di guerra. Il versamento viene effettuato presso il Banco Italiano dell’Uruguay. E nel 1926, poco prima del suo definitivo rientro in patria, fu ancora protagonista di un secondo atto di generosità donando la sua ricchissima collezione di libri che aveva accumulato in diversi anni, alla Biblioteca della Scuola italiana di Montevideo. 

Rientrato in Italia, nel 1933 venne nominato Podestà dal prefetto Tommaso Ciampani in sostituzione del commissario prefettizio Antonio Guzzo. L’anno successivo si rese promotore della “Sagra della giornata della madre e del fanciullo”, una delle tante manifestazioni nell’ambito della campagna demografica promossa dal regime fascista e che si celebrò a Caccuri il 28 marzo del 1934.  Il 15 maggio del 1936 accolse, alla testa di una grande manifestazione popolare e circondato da centinaia di camice nere, il vescovo di Cariati mons. Antonio Galati, in visita ufficiale nel paesino presilano.  Nel 1938, per raggiunti limiti di età, fu sostituito, nella carica di podestà, dal maggiore dei carabinieri Enrico Del Bene, un altro  caccurese illustre che lascerà poi l’arma col grado di tenente colonnello.   Il 26 marzo del 1959, alla venerabile età di 89 anni, “Tata” Macrì si spense nel suo paese natio.


Il professore Macrì nelle vestio di Caifa (Giudei

 Negli ultimi decenni della sua vita, il vecchio professore, sprovvisto persino di una pur modesta pensione, svolse, per sopravvivere,  l’attività di commerciante di tessuti.  Insegnante e studioso prestato, probabilmente, suo malgrado, alla politica, nel periodo in cui ricoprì la carica di podestà, evitò saggiamente di abusare del grande potere che, in quegli anni, il regime dittatoriale affidava ai suoi rappresentanti nei paesi e nelle città e seppe conquistarsi la stima e l’affetto di tutti i concittadini.

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