Umberto Iaconis
nacque a Caccuri il 3 settembre 1896 da Giuseppe e da Costanza Secreto.
Come tutti i giovani del tempo trascorse l’infanzia nel borgo natio dove
frequentò la scuola elementare da poco istituita, probabilmente con la maestra
Antonietta Cistaro, la madre del futuro generale Antonio Rizzo. Ignoriamo
se abbia frequentato anche e scuole superiori, me è probabile.
Raggiunta l’età della leva, venne arruolato nell’esercito e
il 9 gennaio 1916 fu aggregato al 34° Reggimento artiglieria di
campagna. A questo punto decise di frequentare la Scuola militare di
Modena come allievo ufficiale di complemento, sogno che realizzò il 16
giugno 1916 quando mise piede per la prima volta nella prestigiosa
accademia. Completato il corso, il 18 aprile del 1917 viene nominato
sottotenente di complemento di fanteria. Passano pochi mesi e il 16
novembre, quando già si trova in territorio in stato di guerra, ottiene
la promozione a tenente.
Il
23 settembre del 1919, il ventitreenne ufficiale caccurese, aggregato da
qualche giorno al 96 Reggimento Fanteria Catanzaro, prestò il
giuramento di fedeltà nella città
calabrese e il 6 aprile del 1920 venne trasferito alla Fabbrica d’Armi
di Terni che era stata fondata il 2 maggio 1875.
Il
4 marzo del 1923, approfittando dell’art. 12 del R.D. 30 dicembre del
1922 n. 1860 chiese di passare nei Carabinieri Reali col grado di
tenente S.A.P. e, dopo il cambio di arma venne destinato alla Compagnia
Benevento della Legione di Napoli. Il 4 luglio del 1926 il tenente
Iaconis fu trasferito a Marsala. Successivamente venne trasferito alla
Tenenza di Crema, allora Legione di Verona.
Il
1° gennaio 1937 ottenne la promozione a capitano e fu assegnato alla
Compagnia esterna di Avellino, legione di Napoli. Due anni dopo, il 15
settembre del 1939 partì per la Libia dove arrivò due giorni dopo per
rimanervi per quasi nove mesi. Rientrato dall’Africa il 7 maggio de
1940, il 2 giugno venne trasferito alla Compagnia esterna di Agrigento,
Legione
di Palermo. Intanto gli eventi precipitano e il 10 Mussolini pronuncia
il famoso discorso del l’ ”ora segnata dal destino che batte sui
cieli della patria” annunciando l’entrata
dell’Italia nel secondo, spaventoso conflitto mondiale. Il capitano
Iaconis, come tutti coloro i quali vestono una divisa, anche se
nell’intimo non condivide le decisioni del dittatore, tiene comunque
fede al giuramento e assolve con zelo i compiti che gli vengono
affidati, compresa una nuova missione all’estero. E così il 1°
gennaio 1941 viene inviato in Albania e parte da Bari sbarca a Durazzo.
Un mese dopo lo seguirà sulla stessa strada il tenente degli arditi
Vincenzo Ambrosio che troverà la morte in combattimento il 10 marzo a
Nivice dopo ripetuti assalti a una munitissima postazione nemica
guadagnandosi la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Più
fortunato del tenente di origini caccuresi, il capitano Iaconis si ammala
e rientra in Italia il 28 novembre sulla nave ospedale Sicilia che lo
sbarca a Bari il 1° dicembre. Ricoverato presso l’ospedale militare
di Foggia, fu dimesso il 16 dicembre e mandato in licenza per 50 giorni.
Il 27 aprile, completamente guarito, rientrò in servizio a Napoli e poi
a Salerno. Qui lo coglie l’armistizio dell’8 settembre 1943, ma il
capitano caccurese, a differenza di molti altri ufficiali
dell’esercito e dei carabinieri, non si lascia trovare impreparato. Da
qualche giorno è in contatto con una formazione partigiana salernitana
e l’intuito gli suggerisce di stare all’erta, così quando la
mattina del 10 una quindicina di soldati tedeschi comandati da un
ufficiale e armati di pistole mitragliatrici a bordo di un’autoblinda
fanno irruzione nel cortile interno della sua caserma intimandogli di
consegnare le armi, si rifiuta e si dichiara pronto al combattimento. I
tedeschi, abituati alla facile resa degli ufficiali lasciati senza
direttive dall’imbelle Badoglio e dal re fellone, colti alla
sprovvista, desistono dai loro propositi e si danno alla fuga.
Nel
pomeriggio dello stesso giorno, ormai in ritirata, decisero di dare
l’assalto alla filiale del Banco di Napoli ubicata nei pressi del
Teatro Verdi con lo scopo evidente di saccheggiarla ed impossessarsi del
denaro e degli altri beni custoditi nell’istituto di credito. Il capitano Iaconis e il maresciallo Telesca, con i loro
carabinieri e con il supporto di un gruppo di partigiani, riuscirono a
sventare il tentativo di saccheggio attaccando in armi i tedeschi e
mettendoli in fuga.
Il successo galvanizza militari e partigiani che continuano le loro
scaramucce contro gli invasori nazisti fino al 29 settembre quando
l’intera provincia viene abbandonata dai nazisti. Intanto il 27
settembre, anche a Napoli, molti ufficiali, così come aveva fatto il
capitano caccurese, si unirono ai cittadini napoletani e ai partigiani
dando vita all’insurrezione conosciuta come “Le quattro giornate di
Napoli” che portarono alla liberazione della città partenopea ben
prima dell’arrivo degli Alleati e di molte altre città italiane.
Per
questi meriti il capitano caccurese venne “equiparato, ai sensi del DL
93 del 6 settembre 1946, ai combattenti volontari della libertà quale
comandante di una formazione partigiana dal 9/9/1943 al 26/9/1943 in
Salerno.”
Il
3 settembre del 44 venne collocato nella riserva da un decreto
luogotenenziale. Il1° maggio del 1945 lo trasferiscono alla Legione
CC.RR. di Roma.
Il
13 giugno del 1946 il decreto luogotenenziale venne revocato e il
capitano
Iaconis fu promosso maggiore per meriti di guerra a decorrere dal 3
settembre del 1944. Infine col decreto 2189878 del 2 agosto 1950 fu
promosso tenente colonnello.
Nella
sua carriera, oltre ai riconoscimenti per la sua attività di
partigiano, fu decorato con medaglia d’argento come combattente della
grande guerra all’epoca tenente di complemento assieme al maggiore
Antonio Rizzo, poi generale di divisione, e ad altre due medaglie di
bronzo, i due fratelli caccuresi Rocco e Luigi Pizzuti.
L’eroico carabiniere caccurese si spense a Roma il 19
settembre del 1956
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