Piatti tipici della gastronomia calabrese e caccurese |
“Ntre
vie n’adduru ‘e menta, ‘e rosmarinu, ‘E
cannella, ‘e finocchjiu, ‘e petrusinu. E
supra ‘e tavule sazizze e suppressàte, Tielle
‘e crapettu, vinu e stigliulàte. E
alla putiga re za Mariarosa Rosa
marina, ‘u quartu e ‘na gazzosa.”
Sanceri ‘U
sanceri era una specie di salsicciotto a base di sangue di maiale, di
pecora o di capra rappreso insaccato all’interno di un budello per
soppressate. Le nostre donne lo preparavano mescolando il sangue di
maiale o di pecora con aglio e prezzemolo tritati finemente, sale, una
spruzzatina di pepe e un filo di olio. Da questa operazione si otteneva
un composto che si insaccava delicatamente nel budello chiudendolo con
uno spago ai due lati. Quindi lo si faceva bollire per circa un’ora,
lo si lasciava raffreddare e lo si serviva a fette accompagnandolo con
un rosso di vigna di Barracco.
Stigliule Le
stignule erano un piatto a base di interiora di agnello o di capretto
arrostite o in umido. Le nostre nonne, dopo averle accuratamente
lavate le lasciavano a bagno in acqua aromatizzata con bucce di arancia,
quindi le annodavano formando delle specie di
treccine che poi arrostivano aromatizzandole con rosmarino o
cuocevano nel sugo di pomodoro. Altre volte si cuocevano al forno nelle
teglie con patate. Spezzatino
di coratella Lo
spezzatino di coratella era un altro piatto molto comune nell’antica
cucina calabrese. La coratella era l’insieme di fegato, polmone,
cuore, reni, milza, animelle di un animale (generalmente ovino o
caprino). Le nostre nonne l’’utilizzavano per preparare un gustoso
spezzatino. Per far ciò sciacquavano la coratella e la mettevano a
bagno per un po’ in un tegame con acqua e mezzo bicchiere di aceto.
Poi la risciacquavano e la lasciavano scolare dopo di che la tagliavano
a pezzetti. Quindi soffriggevano in 4-5 cucchiai di olio un trito di
rosmarino e aglio e aggiungevano prima il cuore e il fegato facendo
cuocere a fuoco lento per una trentina di minuti, quindi il polmone e le
animelle e, dopo un quarto d’ora, la conserva di pomodoro facendo
cuocere ancora per una quindicina di minuti. Ovviamente assieme al
pomodoro aggiungevano anche un cucchiaino di peperoncino piccante. Tiella
di capretto o di agnello
La tiella di capretto o d agnello alla caccurese è cosa completamente
diversa dalle altre “tielle” di molte zone d’Italia
che non sono altro che una sorta di focaccia dimensioni, farcita
prima della cottura, quindi un qualcosa più simile al calzone che alla
nostra tiella. Il sostantivo tiella deriva dal latino tegella che è una
pentola munita di coperchio, ma che per noi caccuresi è ciò che si
prepara nella teglia, ovvero
nella pentola rettangolare o circolare a bordo bassi. Piparogni
salati e patate (Peperoni salati e patate) I
“piparogni salati e patate fritti” sono un vero e proprio piatto da
re, un piatto che non cambierei con nessun’altra pietanza al mondo, a
condizione che si tratti davvero di “piparogni salati e patate friuti”,
ovvero preparati a regola d’arte. Innanzitutto i peproni devono essere
di ottima qualità, salati in salamoia in un vaso di ceramica sotto
pressa e aromatizzati col finocchietto. Essi vanno sciacquati e fritti
con patate a spicchi fino a quando diventano croccanti stando attenti a
non farli bruciacchiare. Quando la cottura è a puntino, generalmente
sulla pelle si formano delle minuscole bollicine bianche. A qual punto,
se si vogliono davvero toccare le vette del paradiso basta tagliare un
pezzo di focaccia (pitta calabrese) cotta al forno a legna ancora calda,
tagliarlo in senso longitudinale e riempirlo con i piparogni salati e
papate fritti e accompagnare il tutto con un buon bicchiere di vino
rosso. Se poi tra i peperoni c’è n’è qualcuno piccante allora la
libidine arriva alle stelle. Sazizza
arrustuta cu’ ‘la fresa
Uno dei
cibi più gustosi di quando eravamo ragazzi era la “sazzizza arrustuta
cu’ la fresa.” Ci riferiamo ad un lontano passato, non perché
questa leccornia non si mangi anche adesso, ma perché quella che
mangiamo adesso non è che una pessima imitazione di quella di un tempo.
Intanto per fare una buona fresa ci vorrebbe il pane di grano duro di
una volta, fatto con vera farina di semola di grano duro e non con la
farina che si usa adesso, buona al massimo per farci i bignè, poi anche
la salsiccia che si trova adesso in commercio non è più quella che
preparavano le nostre mamme e le nostre nonne, col fiore di finocchietto
e il peperoncino macinato fresco e la carne tagliuzzata a mano e non
macinata. Anche la carne di maiale non è più quella di altissima
qualità di una volta, carne di maiale nero calabrese
allevato con castagne, ceci e favette.
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